Covid has radically changed our way of life in the city. Consequently, also our relationship with the city has changed.
If you were willing to pay more for a down-town rent or to buy a small apartment to live in the city, would you do the same today?
Data on home purchases in Belgium show that people during the pandemic wanted to buy or rent properties in the countryside, where homes are cheaper and bigger. Nature is a source of energy that can help us in difficult times such as those of Covid.
If being able to have a quick aperitif after work, to go out for dinner in the evening without having to travel too many kilometres, or going to the cinema or a concert, justified the fact of living in small apartments, where you are exposed to not always easy coexistence with the neighbours and outside noise and traffic, is this still the case now?
Cities during the pandemic have turned into places to mainly work and sleep. Maybe you started asking yourself, what kind of life is it?
If you were able to go to work during the pandemic, didn’t you have the impression of living in the office? If, on the other hand, you have always worked from remote, don’t you think that you have been experiencing difficulty in finding work-life balance?
With the rules of lockdown even using public transport was a problem, due to the fear of contagion. We started to do shopping close to home.
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Staying at home all the time and respecting the rules of lockdown have caused spreading of anxiety in a worrying way. In fact, it has been proven that living in the city makes you feel more isolated, even if the opposite would seem to be true.
For a long time we have been deprived of our need and desire for sociability, our walks have been reduced to the tour of the neighbourhood to fulfil our daily commitment to take 6000 steps or not to forget the challenge of staying healthy despite everything.
Things as common as eating with friends or colleagues, going to the cinema or shopping, have turned into extraordinary things.
Is that why living in the countryside has perhaps become more popular? Would spending less on a house with a garden and nature nearby make you change your mind about living in the city?
Il Covid ha cambiato radicalmente il nostro modo di vita in citta. Di conseguenza, anche il nostro rapporto con la cittá.
Se eravamo disposti a pagare di più per un affitto in centro o per comprare un appartamento piccolo pur di stare in città, lo siamo ancora?
Dati sull’acquisto di case in Belgio, dimostrano che le persone durante la pandemia si sono indirizzate maggiormente verso la campagna, dove le case costano meno ma si può usufruire di più spazio. Per quanto riguarda gli appartamenti, le persone ora vogliono almeno un balcone.
Se prima il fatto di poter prendere un aperitivo velocemente dopo il lavoro, poter uscire la sera a cena senza dover fare troppi chilometri, o di andare al cinema o a un concerto, giustificava il fatto di vivere in appartamenti piccoli, esposti alla convivenza non sempre facile con i vicini di condominio e al rumore esterno, forse ora non è più così.
Le città durante la pandemia si sono trasformate in luoghi dove lavorare e dormire. E ci si comincia a chiedere, che vita sto facendo?
Con le regole del confinamento usare i mezzi pubblici costituiva un problema, a causa della paura del contagio e perciò si faceva la spesa vicino a casa.
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Lo stare sempre in casa e rispettare le regole del lockdown hanno fatto aumentare in maniera preoccupante casi di ansia nelle persone. Infatti, è dimostrato che vivere in città ci si sente più isolati, anche se apparentemente sembrerebbe vero il contrario. La natura è energizzante e rivitalizzante e ci può aiutare nei periodi difficili come quelli del Covid.
Per tanto tempo siamo stati privati dalla nostra necessità e voglia di socialità, le nostre passeggiate si sono ridotte al giro del quartiere per adempiere al nostro impegno quotidiano di fare 6000 passi (se avevamo preso questo impegno con noi stessi) o per non dimenticare la sfida di mantenerci in salute nonostante tutto.
Cose comuni come mangiare insieme agli amici o ai colleghi, andare al cinema o fare shopping, si sono trasformate in cose straordinarie.
È per questo che forse abitare in campagna è diventato più popolare? Spendere meno per una casa con giardino in mezzo alla natura, ti farebbe cambiare idea sul vivere in città?
La società nella quale viviamo ci porta spesso a invertire le priorità e a mettere il lavoro davanti a tutto. Questo può avere un impatto negativo sulla nostra qualità di vita e sulla salute fisica, mentale e emotiva.
Secondo delle ricerche svolte in Francia, la sofferenza fisica legata al lavoro riguarda il 3,1% delle donne e l’1,4% degli uomini, ma secondo alcuni esperti i dati sono più alti. La classificazione internazionale delle malattie individua nel burn-out un fenomeno legato al lavoro ma in realtà il lavoro non è l’unica causa.
Con il costo della vita in continuo aumento, siamo propensi a lavorare di più per guadagnare uno stipendio che ci permetta di provvedere ai nostri bisogni e a quelli della nostra famiglia e, a causa di questo, molti elementi della nostra vita privata sono messi da parte.
Passiamo molte ore a lavorare, riducendo il tempo per mangiare, per riposare, per stare in famiglia, e non ci rendiamo conto di quanto questo ci possa fare male.
Anche se la maggior parte di noi non può permettersi di non lavorare, si deve trovare un equilibrio tra il lavoro e la vita privata per evitare che lo stress si accumuli in maniera preoccupante.
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In questo periodo di smart-working diffuso, è ancora più difficile mettere dei confini tra il lavoro e la vita privata. Per questo, tanti governi stanno elaborando delle direttive che stabiliscano il diritto a “disconnettersi”. Bisogna avere la possibilità di fare dello sport, di camminare, di prenderci cura dei nostri cari, di seguire le nostre passioni o semplicemente di riposare.
Sempre più persone soffrono di stress, si sentono esausti, hanno dei problemi di alimentazione, o delle difficoltà di relazione, e tutto questo a causa delle lunghe giornate di lavoro, che non ci lasciano il tempo di fare delle attività per il nostro benessere.
Se senti di essere in una di queste situazioni, sappi che nessuno stipendio vale la tua salute, nessun lavoro vale l’usura che deriva da giornate di lavoro che annientano la tua energia e la tua gioia di vivere.
Se non hai altre alternative al lavoro che stai facendo, trova qualcosa di positivo per equilibrare la tua vita, perché altrimenti arriverà il momento in cui comincerai a fare degli errori al lavoro e la tua performance generale ne soffrirebbe. Puoi cominciare a cercare un altro lavoro ma occupati sempre della tua salute, perché se ti ammali potrebbe volerci molto tempo per recuperare.
Il lavoro è una parte importante della vita, ma non è la tua vita. C’è molto di più: la famiglia, la salute, gli amici. Non permettere che il lavoro prenda tutto lo spazio nella tua mente e nel tuo corpo, cerca di occuparti di tutti gli aspetti della tua vita.
Ricordati di prenderti sempre cura di te stesso/a per prima cosa, perché è solo così che potrai vivere una vita migliore.
Restare concentrati e mantenere un alto livello di produttività quando si fa telelavoro non è sempre facile.
Di fronte ad una lista di cose che si accumulano giorno dopo giorno, l’importante è pianificare in anticipo la tua giornata e la tua settimana. Una soluzione semplice ed efficace è la “to-do list” con l’attribuzione degli orari nella tua agenda.
In questo modo, lavorerai su una cosa alla volta e potrai attribuire delle priorità.
Per essere produttivi, puoi provare la tecnica Pomodoro, che prende il nome dal timer che si usa in cucina che spesso è a forma di pomodoro.
In cosa consiste questa tecnica? Lavori 25 minuti su una cosa ben precisa e poi fai una pausa di 5 minuti. Ripeti questa modalità 4 volte (25 minuti di lavoro e 5 minuti di pausa), poi fai una pausa più lunga di 20 minuti, possibilmente lontano dallo schermo. Se hai un cane portalo a passeggio, annaffia le piante, mangia un frutto, fai un po’ di stretching.
Per evitare distrazioni e problemi di concentrazione, non accendere la TV, non lavorare sul letto e metti il tuo telefono personale in modalità “non disturbare” per non essere interrotto/a.
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Non dimenticare di fissarti dei limiti. Una volta che la giornata è finita, non fare ore di straordinario e disconnettiti veramente! L’ideale sarebbe avere uno spazio di lavoro dedicato, in modo da poter “lasciare l’ufficio” una volta terminato il lavoro.
Alcuni consigli per ottimizzare il tuo spazio di lavoro
Per quanto riguarda il tuo spazio di lavoro a casa, non sottovalutare l’effetto positivo del confort sulla tua produttività e concentrazione.
Investi nell’acquisto di una sedia confortevole e un riposa piedi per mantenere una buona postura. Se poi vuoi davvero farti del bene, compra anche (o solo) uno “standing desk”.
Una buona illuminazione è importante per non affaticarti gli occhi e per aiutarti a restare concentrato/a. Prova una lampadina che diffonde luce blu, per esempio.
Oltre ad essere confortevole, il tuo spazio di lavoro in casa deve riflettere la tua personalità grazie a qualche oggetto decorativo che ti aiuta a restare ispirato/a e ti dà voglia di passarci del tempo.
Organizza il tuo ufficio e disponi le tue cose in funzione della frequenza d’utilizzo. Tieni a portata di mano le cose di cui hai bisogno frequentemente. Metti in un ordine di facile comprensione le cose di cui hai meno bisogno. Perderai meno tempo a cercarle!
Infine, ricorda che l’esercizio fisico è fondamentale per il tuo benessere e dopo una giornata di lavoro sarebbe bene dedicare un po’ di tempo al tuo corpo per rilassarti e iniziare bene la serata.
Qualche giorno fa, ascoltando le notizie che ci aggiornanavo sulla situazione Covid-19 in Belgio , ho sentito che parlavano della sindrome della capanna. Siccome quello che stavano dicendo mi suonava familiare, ho deciso di fare un po’ di ricerche. Avendo trascorso 9 settimane in casa, senza andare al lavoro e senza vedere persone diverse dai miei familiari, devo ammettere che anch’io mi sentivo un qualcosa dentro che non mi spingeva a tornare verso una vita cosiddetta normale (poi bisognerebbe anche sapere in cosa consiste questa normalità e vedere se ci piace).
In effetti quello che io desidero è non tornare al lavoro, inteso come luogo fisico. Non mi era chiaro perché e quindi ho voluto provare come sarebbe stato tornare nel mio ufficio. Perciò sono passata in macchina lì vicino e ho scoperto con grande sollievo di non provare niente di particolare, né stress né angoscia, né paura.
Questo però non ha cambiato il mio desiderio di volere continuare a fare telelavoro, o smart working come si dice oggi.
La sindrome della capanna odel prigioniero è una sindrome che implica la voglia di continuare a rimanere nel proprio rifugio e non voler uscire da esso. Non è una vero e proprio disturbo mentale, ma è associato a una condizione particolare collegata a un lungo periodo di clausura, come per esempio una malattia, o una condizione patologica, o nel caso che abbiamo appena vissuto, alla pandemia del Coronavirus. Possiamo sperimentare ansia, insicurezza, paura del futuro e di chi non conosciamo.
Questa sindrome, descritta per la prima volta all’inizio del XX secolo, non è riconosciuta completamente a livello scientifico perché manca di letteratura e di casistica. All’epoca ci si riferiva a persone che, per esempio, lavoravano in alta montagna e trascorrevano molto tempo in casa. Si constatò che queste persone provavano difficoltà a uscire, perché sentivano che non potevano controllare lo spazio esterno. Questo può succedere anche ai detenuti quando escono di prigione (ecco perché si chiama anche sindrome del prigioniero). Ci si sente infinitamente piccoli di fronte a un mondo grande, fuori dalla nostra portata.
Che fare allora?
Abbiamo trascorso circa due mesi chiusi dentro casa, con tutte le preoccupazioni legate alla diffusione del virus, prime fra tutte, la paura di ammalarsi, la paura che uno dei nostri cari si ammalasse e la paura di perdere il lavoro.
I media hanno anche giocato un po’ con le nostre paure: mettiti la mascherina quando esci (ma le mascherine non c’erano), non toccare niente quando sei fuori se non hai guanti (anche questi introvabili), non toccarti in faccia mi raccomando (lo sai quante volte abbiamo la tentazione di toccarci la faccia in un’ora? Mediamente 60 volte, cioè una volta al minuto. Prova a farci caso). Poco importa poi se per strada vedi persone che si mettono la mascherina in modo assolutamente inappropriato che potrebbe pure essere più dannoso che utile (portare la mascherina al collo, mettersela e togliersela magari con le mani non lavate, lasciare scoperto il naso – lo so é difficile respirare con qualcosa davanti al naso e alla bocca).
E ora che, come per magia, ci dicono che possiamo uscire, ci chiediamo se il pericolo é davvero passato. La nostra mente é ancora focalizzata su tutto quello che é successo ed é normale pensare che fuori ci possa essere una situazione di pericolo e/o insicurezza (pensa solo se dovessi usare i mezzi di trasporto pubblico per esempio).
Adesso però é tempo di pianificare l’avvenire, con tutta calma. Hai apprezzato la calma ritrovata durante questo periodo passato in casa? Io l’ho apprezzata tantissimo e vorrei che il telelavoro da casa diventasse un modello lavorativo stabile, vorrei che si potesse scegliere di restare a casa a tele-lavorare (è ovvio che non è un’opzione possibile per tutti i tipi di lavoro, ma grandi aziende come Twitter hanno già adottato questa politica aziendale e hanno deciso che andrà a lavorare solo chi vuole). Elenco solo alcuni dei i vantaggi che comporta questa scelta: la tua impronta ecologica diminuisce, la tua qualità di vita migliora perché ti trovi con del tempo “liberato” per esempio dal tempo trascorso nel tragitto casa-lavoro-casa e che puoi dedicare al tuo benessere.
Poi puoi programmare un incontro con alcuni (pochi) amici e rivedere la tua famiglia (senza ancora potersi abbracciarsi).
E’ notizia di pochi giorni fa che dal 3 giugno si potrà tornare in Italia senza dover passare 14 giorni in quarantena. Quindi, possiamo cominciare a pianificare una vacanza.
Quello che non dovresti fare é ascoltare in modo ossessivo e compulsivo (trasformando o addirittura aggiungendo alla sindrome della capanna un disturbo ossessivo-compulsivo) i continui aggiornamenti sui nuovi contagi, il numero dei morti, e le notizie che provengono dagli altri continenti. Non guardare film catastrofici, non ti aiutano ma anzi fanno aumentare la tua ansia. Poi, cerca di pensare positivo, perché come ti insegna la legge d’attrazione, se pensi negativo poi quello che ti succede sarà negativo. Sappi anche che la maggior parte delle cose brutte che pensi poi non accadono, e questa é statistica.
Soprattutto cerca di farti coraggio, di avere pazienza e di essere prudente: passo dopo passo il mondo ricomincerà a girare, più o meno bene, ma io spero meglio di prima.
Però se provi un senso d’angoscia terribile, un malessere che ti paralizza e senti come una sensazione di essere circondato/a dalle fiamme, o da mostri, o da animali pericolosi, dovresti rivolgerti a un professionista, come uno psicologo per esempio, se non vuoi che questa sindrome si trasformi in disturbo da stress post-traumatico (PTSD).