“Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell’Occidente è che perdono la salute per fare i soldi, poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente e in tale maniera non riescono a vivere né il presente né il futuro. Vivono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto.”
Dalai Lama
Questa citazione mi fa pensare che il concetto di felicitá al lavoro sia sopravvalutato. Io mi trovo bene al lavoro, ma non sono sicura di potermi dire felice. Non credo che smetterei di lavorare nel senso che starei a pancia all’aria, ma se avessi soldi a sufficienza, mi dedicherei a una delle mie passioni, per esempio scrivere, andare a Pilates, e probabilmente farei anche qualche attivitá di volontariato.
Insomma, continuerei più o meno a vivere la vita che sto facendo senza dover lavorare per guadagnare a sufficienza per mantenere me stessa e la mia famiglia. È questo in realtà il nocciolo della questione: nella stragrande maggioranza dei casi lavoriamo per mantenerci e non perché ci sentiamo felici. Quindi parlare di felicità al lavoro è una forzatura almeno in certi casi. Chiedi a un operaio sottopagato che lavora alla catena di montaggio, se è contento di andare a lavorare. Oppure a un insegnante vessato dai suoi alunni, se la sua professione lo soddisfa. O a un infermiere che fa turni stressanti di notte e riceve uno stipendio basso.
Il concetto di felicità al lavoro mi sembra un po’ forzato eppure tanti ne parlano, senza considerare che molti lavoratori dipendenti non amano il lavoro che fanno ma non hanno altra scelta, soprattutto in congiunture economiche come quella attuale. Mi sembra un po’ una corsa verso una meta che non si riesce a raggiungere.
Guardiamo poi all’aumento dei casi di burn-out. In Europa, la Francia detiene il primato con il suo 10% di popolazione attiva affetta da burn-out. Negli altri paesi europei si sta meglio? In realtà la domanda chiave da porre sarebbe se c’è un buon equilibrio tra vita privata e vita lavorativa, cioè si sta meglio dove sono attuate politiche volte a bilanciare il lavoro con la vita. Il problema del lavoro è dunque lo spazio che occupa nella nostra vita. Attenzione, lo spazio non il tempo. Lo spazio non significa il tempo effettivamente passato sul luogo di lavoro, ma quanto tempo dedichi a pensare al tuo lavoro, il famoso lavoro che si porta a casa e che disturba la nostra vita privata. Quindi lo spazio che il lavoro occupa nella tua vita.
Cosa fare dunque per cambiare questo pensiero costante che rivolgiamo al lavoro? Prova a leggere uno di questi articoli:
5 consigli per cominciare la giornata senza ansia
5 ragioni per cui fare un’escursione fa bene
Come rilassarti in 10 passi: crea spazio dentro di te
5 idee per sentirsi bene al lavoro (senza pretendere la perfezione)
Prova anche a ringraziare per quello che hai senza pensare che questo significhi mancanza d’ambizioni. Significa semplicemente smettere di inseguire una chimera e cercare il tuo benessere in quello che hai. Il benessere, non la felicità, perché il benessere è uno stato che può diventare permanente, mentre la felicità é un momento, o un insieme di momenti, passeggeri.
Perseguire il benessere significa cominciare un percorso fatto di piccoli passi che potrebbero portarti alla felicità, e pazienza se non ti conducono a questa meta ambita, perché l’importante è stare bene ed avere un buon equilibrio tra la vita privata e quella lavorativa.
Ma dimmi di te, sei contento di lavorare? Se vincessi un paio di milioni di Euro, continueresti ad andare a lavorare?





