Perché sei le parole che usi

Le parole che usi hanno la capacità di trasformare la tua realtà. Il linguaggio genera cambiamenti nel cervello e modifica la tua percezione dell’ambiente che ti circonda.

Il linguaggio è legato alle emozioni. Le parole inviano costantemente messaggi al cervello. Secondo gli studiosi Andrew Newberg e Mark Robert Waldman, le parole negative provocano un aumento del cortisolo, l’ormone dello stress. Perciò, adottare un atteggiamento negativo e utilizzare un linguaggio basato su espressioni come “non posso”, o “è impossibile” potrebbe indebolire la tua salute fisica e mentale.

Attualmente, ci sono molte correnti che utilizzano tecniche associate al cambiamento del linguaggio per trattare vari disturbi psicologici. Ne sono un esempio le terapie cognitivo-comportamentali, che dimostrano che promuovere pensieri positivi attraverso il linguaggio utilizzato dal paziente migliora il suo stato mentale.

Questa terapia mira a sostituire le opinioni negative dei pazienti su sé stessi e l’ambiente circostante con altre più positive. Le tecniche applicate hanno dimostrato di essere un trattamento efficace per disturbi come la depressione, le fobie, le dipendenze o l’ansia, poiché l’attività dell’amigdala cerebrale aumenta quando percepiamo un futuro più prospero attraverso parole positive. In molte occasioni, queste terapie si sono rivelate efficaci quanto le medicine.

Studi hanno dimostrato che il cervello migliora quando iniziamo a usare da tre a cinque espressioni positive per ogni frase negativa. Il linguaggio ha una potente capacità di cambiare il tuo mondo. Proprio come un linguaggio povero e disfattista ti influenza negativamente, un linguaggio positivo e costruttivo ti aiuta a percepire una realtà migliore.

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Inizia ad adottare tutti i giorni alcune tecniche semplici ma efficaci. Ad esempio, usa “ancora” insieme a “non”. Invece di dire, “Non lo so fare”, prova piuttosto con “Non lo so ancora fare”. Ancora lascia le porte aperte, suscita una speranza, evoca una motivazione.

Poi, smetti di usare “ma” o, almeno, cambia la costruzione della frase. Non ha lo stesso effetto dire: “Hai fatto un buon lavoro, ma me l’hai dato in ritardo” invece di dire “Me l’hai dato in ritardo, ma hai fatto un buon lavoro”.

I tempi verbali danno anch’essi una grande opportunità per cambiare le emozioni. Se invece del condizionale usi il futuro, cambi uno scenario ipotetico per uno vero. Non è lo stesso dire: “Se scrivessi un libro, parlerei di felicità” piuttosto che “Quando scriverò un libro, parlerò di felicità”. Il condizionale esprime un dubbio, il futuro esprime piuttosto una certezza.

Allo stesso tempo, parole come fallimento, problema, impossibile o colpa devono essere bandite dal tuo linguaggio e sostituite da parole più stimolanti come sfida o responsabilità. Quest’ultime non solo ti spingono a crescere e ad aprire più porte, ma ti fanno anche interagire meglio con gli altri.

Le parole non sono innocue. Possono costruire o abbattere muri. Cambiando il tuo linguaggio migliorerai la tua immagine, poiché il linguaggio è un veicolo per raggiungere l’altro. Le parole che usi non solo ti fanno stare meglio ma contribuiscono anche ad arricchire l’ambiente intorno a te.

Cosa ne  pensi del linguaggio che usi con gli altri?

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Il passeggero clandestino

Giugno 1929, da una spiaggia dell’est degli Stati Uniti un aereo giallo decolla verso la Francia. A bordo, tre aviatori tentano la prima traversata francese dell’Atlantico, senza scalo, da ovest a est.

Ma l’aereo riesce a malapena ad alzarsi in aria. Sembra più pesante di quello che si aspettavano. La causa: non ci sono tre persone a bordo, ma quattro!

Arthur Schreiber, un giovane americano, sbuca da una botola. Per alleggerire l’aereo, l’equipaggio è costretto a gettare in acqua le bottiglie di champagne che aveva comprato per festeggiare all’arrivo!

Arthur sognava di volare, ma non era riuscito a diventare pilota. Così fece il “passeggero clandestino”, invitandosi su un volo in cui la sua presenza non era prevista. 

In economia, un passeggero clandestino è un membro di un gruppo che beneficia di un servizio o di un bene collettivo senza contribuire come gli altri. Per farti un esempio familiare, potrebbe essere l’amico in vacanza che si ingozza, ma non aiuta mai a cucinare. Insomma, potremmo chiamarlo anche opportunista.

Secondo l’economista Mancur Olson, il clandestino non lo fa per cattiveria. Fa un calcolo razionale per approfittare dei frutti di un’azione collettiva fornendo il minimo sforzo possibile.

In economia ciò significa che per raggiungere un obiettivo comune non ci si può fidare solamente dei singoli individui. È necessaria un’autorità collettiva o centrale (Stato, polizia…) per garantire che nessuno commetta abusi.

Ad esempio, per quanto riguarda l’ambiente, può essere facile pensare che gli altri facciano tutti gli sforzi al nostro posto (selezione dei rifiuti, consumo responsabile,…) mentre noi stiamo a guardare, aspettando che le cose migliorino. A meno che non siamo obbligati dalla legge o dall’opinione degli altri.

E tu, hai mai fatto il “passeggero clandestino”?