Una guida per acquisti a buon mercato per un 2019 all’insegna della salute.

L’attenzione verso sé stessi è divenuta una delle risoluzioni più popolari per l’anno nuovo. Si decide di fare in modo di avere un anno pieno di salute, benessere, ed amor proprio. Tuttavia, l’attenzione verso sé stessi è un concetto estremamente vago. Cosa comporta realmente prendersi cura di sé stessi? È possibile investire nella cura di sé stessi senza spendere una fortuna in trattamenti esclusivi ed aggeggi ad alta tecnologia? 

Mangiamo meglio

Secondo Inc, una rivista Americana che pubblica articoli su business e startups, la decisione di inizio anno più popolare è mettersi a dieta o mangiare meglio. Ci sono sempre più ricerche che confermano che stare a dieta è inefficace e non fa bene alla salute. Bisognerebbe concentrarsi sul mangiare meglio piuttosto che seguire una dieta drastica.

Ci sono alcuni prodotti che possono aiutarti. Un fornello lento è un ottimo modo per mangiare più sano e risparmiare soldi. Alcuni modelli in commercio costano meno di $50. Un frullatore è uno strumento perfetto per le persone che vogliono fare una colazione sana. Ci sono modelli che costano appena $20.

Salute mentale

Prendersi cura della propria salute mentale può significare cose diverse per persone diverse. Se hai bisogno di ridurre lo stress, la meditazione è uno strumento eccellente, disponibile gratuitamente su Internet. Per esempio, l’app come Insight Timer ti aiuta a cominciare. Scrivere un diario è un altro grande strumento economico, se riesci a stabilire questa abitudine ti renderai conto che può bruciare il tuo stress e darti un senso di ordine e controllo. 

È anche importante che tu ti prenda cura di disordini mentali non risolti o non diagnosticati, di cui potresti soffrire. Consulta un medico se sospetti di essere depresso, o ansioso, o di soffrire di un disturbo affettivo e stagionale, o qualsiasi altro problema di salute mentale. 

Salute fisica

Non dimenticarti che la tua salute mentale è strettamente correlata al tuo benessere fisico, quindi fai controlli regolari. Una cosa che le persone generalmente tendono a trascurare è la cura dei denti. Una scarsa igiene dei denti può essere un fattore che contribuisce alla depressione, per non citare poi il tuo benessere fisico generale.

Esercizio fisico

L’esercizio fisico può essere un’attività non costosa. Per esempio, il jogging, camminare, fare un’escursione, sono tutti tipi di esercizio fisico gratuito. Ci sono poi dei canali di YouTube gratuiti che propongono eccellenti video di yoga, Pilates e altre discipline.

Se vuoi investire nel tuo fitness, trova un’attrezzatura sportiva che ti entusiasmi. Health.com ha una guida eccellente per gli acquisti di abiti per lo sport a basso costo ma di buona qualità. In alternativa, potresti iscriverti a quella palestra vicino a casa, ma assicurati di andarci regolarmente per dare un senso ai soldi spesi. 

Qualità del sonno

Il sonno è spesso trascurato come abitudine di salute, soprattutto se comparata a mettersi a dieta o a fare esercizio fisico. Ma è importane come tutto il resto. Una delle tue risoluzioni principali per il 2019 dovrebbe essere quella di dormire meglio. Ecco alcuni modi per farlo.

In primo luogo, stabilisci una routine di sonno regolare e rispettala. Questo vuole dire andare a dormire più o meno alla stessa ora ogni notte e svegliarsi più o meno alla stessa ora tutte le mattine. Inoltre, questa abitudine è gratis! Puoi anche migliorare il tuo sonno concedendoti piccoli e economici lussi come l’acquisto biancheria da letto di alta qualità o uno spray calmante da spruzzare sul cuscino. 

La cura di te stessa è spesso utilizzata come strumento pubblicitario per vendere prodotti per il benessere di lusso e costosi. In realtà prendersi cura di sé stessi può costare veramente poco o addirittura nulla.

I prodotti che acquisti dovrebbero servirti a sostenere il miglioramento del tuo stile di vita, non essere fini a sé stessi.

La cosa più importante è il tuo atteggiamento e il tuo impegno per prenderti meglio cura di te stessa, del tuo corpo e della tua mente. Il resto serve solo ad aiutarti.

Traduzione: Cristiana Branchini

N.d.R: I link sono verso siti americani

6 consigli per meditare camminando

Camminare e meditare sono due potenti rimedi anti-stress. Praticarli insieme porta dei benefici fisici e psichici enormi.  Dieci minuti al giorno sono sufficienti e si può praticare la meditazione camminando in un qualsiasi momento della giornata e in qualsiasi luogo. Nessuna scusa dunque! Vuoi provare?

La camminata meditativa, sia in piena natura che nel caos cittadino, permette di liberarci dallo stress quotidiano.

Camminare di per sé fa bene alla salute. Permette di prevenire le malattie cardiovascolari e il male alla schiena, per esempio. Siccome normalmente quando si cammina non si fa altro che camminare, perché non combinare questa pratica con la meditazione? Ecco 6 consigli su come fare.

  1. Mantieni la schiena dritta.
  2. Sincronizza il respiro sui tuoi passi, mantenendo un ritmo di camminata tranquillo.
  3. Prendi coscienza del tuo corpo: concentrati sui tuoi piedi, sulle tue gambe, sul movimento, sul contatto con la terra. Cerca di eliminare le tensioni e di concentrarti sui passi.
  4. Concentrati sulle sensazioni che questa pratica ti procura. Sono piacevoli? Il tuo corpo si rilassa? La tua mente si distende?
  5. Sposta quindi la tua attenzione sulle tue emozioni. Che cosa senti? Non giudicare le emozioni che provi, lasciale andare, osservale da spettatore.
  6. Finisci la pratica restando in piedi, contemplando la sensazione di pienezza e ringrazia il corpo e la mente per questa bella passeggiata meditativa.

Non cercare di non pensare. Pensare é l’attività del cervello, é impossibile fermarlo! Cerca piuttosto di approfittare del momento di distensione che stai vivendo, di prendere coscienza del tuo corpo e delle tue emozioni senza che questo influisca sul tuo umore e senza giudicare.

Praticando regolarmente la passeggiata meditativa, ti sentirai sempre più equilibrata e in pace con te stessa.

Come realizzare le tue risoluzioni in 5 passi

A fine anno siamo tutti armati di buoni propositi da perseguire nel anno che verrà. Chi vuole iniziare una dieta, chi vuole iniziare ad andare in palestra regolarmente, chi vuole mettersi seriamente alla ricerca di un nuovo lavoro, chi vuole iscriversi a quel corso a cui sta pensando da tanto tempo.

Qualsiasi sia il tuo obiettivo, a un certo punto dell’anno potresti essertene dimenticata. Oppure sarai scoraggiata, perché ti sembra impossibile da raggiungere, o non trovi il tempo per iniziare o la perseveranza per continuare.

Ecco una piccola astuzia per realizzare i tuoi obiettivi.

Conosci il modello S.M.A.R.T? SMART é un acronimo inglese he identifica le cinque caratteristiche che deve avere un obiettivo e ti consente di capire se il tuo obiettivo é ben formulato. Vediamole.

La S sta per Specific, cioè specifico. Il tuo obiettivo deve essere preciso, non vago. Ad esempio “voglio perdere 6 chili” é un obiettivo preciso, mentre “voglio dimagrire” é un obiettivo vago.

La M sta per Measurable, cioè misurabile. Tornando all’esempio della dieta, puoi decidere di pesarti una volta al mese per vedere i progressi che hai fatto.

A sta per Achievable, cioè raggiungibile. Devi stabilire un obiettivo che sia realistico e non impossibile fa raggiungere. Continuiamo con l’esempio della dieta, potresti decidere che per te é realistico perdere 500 grammi al mese, obiettivo che puoi raggiungere senza troppi sforzi, con una dieta moderata e praticando un’attività sportiva regolare.

R sta per Relevant, cioè il raggiungimento di questo ti deve importare davvero. Chiediti: Voglio davvero dimagrire? Ne vale la pena? Adesso é il momento giusto? Se rispondi sì a queste domande, allora vuol dire che l’obiettivo é realizzabile.

Infine vediamo la T che sta per Time bound, cioè circoscritto nel tempo. Devi stabilire un arco temporale nel quale dovrai raggiungere questo obiettivo. Guarda quello che hai stabilito nei punti precedenti e cerca di essere coerente. Se hai deciso di perdere 500 grammi al mese, come nel nostro esempio, allora dovrai stabilire che per perdere 6 chili ti occorre un anno.

La cosa più importante che ogni piccola vittoria andrà celebrata e quindi tutti i mesi, quando ti pesi e vedi che hai perso davvero 500 grammi, regalati qualcosa, vai a vedere quel film che da tanto tempo vorresti vedere, oppure chiama una tua amica per uscire con lei.

Ricordati anche che tutti i viaggi cominciano con un piccolo passo. Fammi sapere come va, scrivimi!

Buon 2019!

Lo stress: una definizione

Lo stress é considerato il risultato dell’interazione tra la persona e il suo ambiente.

Può essere considerato come uno stato di inadeguatezza, di divergenza tra come la persona percepisce la situazione e come la persona pensa di poter affrontare  la situazione stessa. L’individuo può quindi provare un senso di incapacità e sentire che sta perdendo il controllo della situazione: questa é la reazione di stress.

La reazione di stress fa parte del nostro meccanismo di sopravvivenza che risale agli albori del genere umano, quando ci si doveva procacciare il cibo cacciando. Un classico esempio che viene fatto durante i corsi di formazione sulla gestione dello stress é: se ti trovi solo davanti a un leone, cosa fai? Ci sono tre possibilità: fight (combatti), flight (scappi via) o freeze (resti immobile). Queste reazioni ci consentono di reagire in fretta in una situazione di pericolo. E sono valide ancora oggi.

Tuttavia, il nostro cervello, e di conseguenza il nostro corpo, può reagire in questo modo anche a situazioni che non rappresentano una minaccia, come trovarsi bloccato nel traffico, difficoltà in famiglia o al lavoro.

A livello somatico la reazione allo stress si traduce in una serie di manifestazioni legate a dei cambiamenti ormonali e metabolici, come per esempio l’accelerazione del battito cardiaco, aumento della pressione arteriosa, produzione eccessiva di sudore.

A livello psicologico, lo stress si traduce in un’accentuazione dello stato vigilanza e dello stato emotivo (tensione, sensazione di malessere) che generano uno stato di agitazione o un’inibizione psico-motrice.

Se la reazione allo stress é breve, la persona riesce ad adattarsi. Se la reazione perdura nel tempo, diventa intensa o addirittura cronica, allora possono presentarsi dei problemi di salute.

Non aspettare: se ti senti stressato fai qualcosa ora prima che sia troppo tardi!

5 idee per sentirsi bene al lavoro (senza pretendere la perfezione)

Problema 1

Non mi sento riconosciuta per il mio valore – Chi non si è mai sentito così al lavoro? A chi non fa piacere ricevere un apprezzamento, del tipo “Lavoro ben fatto”? Però, onestamente, non ê un po’ rischioso basare la nostra motivazione sull’apprezzamento degli altri? Prova a fare questo esercizio: tutti i giorni prendi nota di una cosa positiva che hai fatto al lavoro. Una relazione scritta bene, una riunione gestita in modo efficace, una pausa caffè produttiva…poi celebra questo successo. Esci a cena con dei colleghi, o degli amici, o il tuo partner, ma se nessuno ha tempo, esci anche da sola o preparati una cenetta con i fiocchi. Il successo non è necessariamente avere una villa in Costa Smeralda o una Ferrari. Il successo si misura nelle piccole cose quotidiane e va celebrato sempre. Comprati dei fiori e portali al lavoro. Se ti chiedono perché, rispondi perché sei brava e simpatica. Poi, osserva il cambiamento…

Problema n. 2

La mia vita gira intorno al mio lavoro.

In francese si dice “Metro, boulot, dodo”, che significa “Metro, lavoro, nanna”. Non è entusiasmante, vero? Spesso, purtroppo, è così. Cosa fai per cambiare questo? Ti prendi mai del tempo da dedicare a te stessa? Non deve passare un giorno senza che tu abbia dedicato del tempo a te stessa. Leggere quell’articolo sulla tua rivista preferita o sul blog della tua amica (cioè il mio…), andare in palestra o a fare una passeggiata nel giardino vicino a casa, chiamare tua madre o quell’amica che da tanto tempo non senti…dovresti dedicare a te stessa almeno mezz’ora al giorno. Se ci pensi, non è molto…

Problema n. 3

Non imparo più niente di nuovo.

Se fai un lavoro da molto tempo, ad un certo punto è normale che tu ti senta come se non imparassi niente di nuovo. Ti annoi e non se soddisfatta, anche se riesci a lavorare molto bene, sapendo esattamente quello che devi fare. Ma non ti basta per motivarti, allora cosa puoi fare? Devi uscire dalla tua zona di confort, devi accettare nuove sfide. Parlane al tuo capo, magari lui (o lei0 ha delle idee.

Problema n. 4

Non mi promuoveranno mai (io sono tra questi…)

Dunque, in tutta la mia carriera non sono mai stata promossa. E lavoro da più di vent’anni! Perché? In alcuni casi sicuramente perché non ho passato molto tempo nello stesso posto di lavoro. Sì, lo ammetto, non sono quella persona che si attacca al suo datore di lavoro. Anzi, quasi sempre mi viene voglia di andarmene presto. Ho bisogno di aria nuova.

Ma perché? Probabilmente perché non ho ancora trovato la mia strada e quindi me ne vado perché devo rimettermi in cammino per trovarla.

Anche tu se ti senti “costretto” nel tuo posto di lavoro, chiediti quale sarebbe il tuo lavoro ideale, il lavoro dei tuoi sogni. Se non lo trovi nel posto dove stai lavorando, comincia a guardarti intorno. E fai un piano d’azione (se non sai fare un piano d’azione, ti posso aiutare a farlo).

Problema n. 5

Non ho il tempo di fare niente.

Ecco, questo è il problema più diffuso del nostro tempo. Abbiamo la sensazione, che a volte sconfina nella realtà, di non riuscire a gestire il nostro tempo. Tra famiglia, lavoro e tempo perso nel traffico, non ne resta molto per noi. Ma non è una scusa? Fai un’analisi della tua giornata, vedi le cose inutili che fai e comincia ad eliminarle. Poi, ci sono senz’altro delle cose che puoi rimandare, ad esempio, non è necessario passare l’aspirapolvere tutte le sere anche se hai due gatti in casa come me (che passo l’aspirapolvere al massimo due volte la settimana).

È una questione di scelta e di priorità, non si può fare tutto: ci sono delle cose che devi fare assolutamente, altre che puoi evitare e rimandarle (saper rimandare le cose è una scienza, anche se non esatta…).

Io, ad esempio, ho scelto di scrivere perché non esco quasi mai la sera, e siccome raramente c’è un film interessante alla televisione (non ho Netflix), ho deciso di creare un blog. E quando c’è un film che mi interessa, deliberatamente scelgo di non scrivere.

Conclusione

La scelta è la base del cambiamento, l’azione è la base del pensiero positivo. Prendi la vita nelle tue mani. Agisci ora, non aspettare, scrivimi!

Indugiare

Indugiare, rimandare, procrastinare… quante persone conosci così? E tu come ti consideri? Sei una di quelle persone che rimandano il pagamento delle fatture, non prendono l’appuntamento dal dentista pur avendone bisogno, non portano giù la spazzatura? Oppure sei una persona che cerca di agire in anticipo, per non farsi cogliere di sorpresa e impreparata?

Aspettare a lungo può avere conseguenze. Pensa al cambiamento climatico. O a una malattia. Se non cerchi di scoprire subito quello hai, poi potrebbe diventare troppo tardi. Potresti sentire il dottore dirti: “Se fossi venuto prima, avremmo potuto intervenire e tentare di guarire la tua malattia. Ora è troppo tardi”.

Negli Stati Uniti, le statistiche dicono che il 20% circa della popolazione, rimanda i compiti i noiosi al giorno dopo, come se i compiti in questione avessero poi la capacità di scomparire o divenire meno noiosi (in realtà, è piuttosto il contrario, no?).

Uno studio cinese dimostra che le persone con tendenza a rimandare (chiamiamoli “procrastinatori“. Dal latino cras che significa domani e pro che significa per) hanno certe aree del cervello iperattive, che causano un vagabondaggio mentale: quando è tempo di pagare le fatture, prendere l’appuntamento dal dentista o portare giù la spazzatura, queste aree vanno in tilt e inducono la persona a pensare a qualcosa d’altro. E, diciamolo, a cercare delle scuse su quanto sarebbe sgradevole fare quella cosa.

Inoltre, i procrastinatori hanno un’altra zona del cervello debole. Si tratta della zona che blocca le attività di dispersione e che consente, invece, di rimanere concentrati.

Le persone che lavorano anticipando gli eventi e agiscono secondo un piano o un programma in modo da non essere colti di sorpresa da un esame, o da una scadenza fiscale, hanno un’attività elevata in quest’area del cervello, in modo tale che il divagare é bloccato e rimangono concentrati.

Quando la mente si distacca dallo scopo programmato e comincia a vagare, diventa vulnerabile e soggetta alle influenze della zona del cervello che comunica quanto sia sgradevole quella cosa. Il procrastinatore è quindi bloccato dal suo cervello e cerca immediatamente qualcosa che lo faccia stare meglio. Il compito sgradevole è perciò spostato nel futuro e percepito come innocuo.

Che fare? Il cervello è un muscolo e possiamo allenarlo per sfruttare la sua plasticità.

Che noia le riunioni di lavoro!

«Le persone a cui piacciono le riunioni non dovrebbero avere alcuna responsabilità»

Thomas Sowell (economista e teorico sociale)

Alza la mano se non sei d’accordo con questa affermazione. Le riunioni di lavoro sono noiose, spesso inutili e fanno perdere un sacco di tempo.

Già nel 2003 Gramellini scriveva un articolo sull’inutilità delle riunioni, secondo lui era meglio non andarci. Come dargli torto!

Una mia collega le odia, io dipende da chi le conduce. Ci sono persone molto brave a gestire le riunioni, altre decisamente dovrebbero cambiare lavoro.

Si tratta di imparare ad ascoltare, anziché ad ascoltarsi per soddisfare il proprio ego…mentre un collega sta parlando, c’è chi consulta le proprie email, nella migliore delle ipotesi, perché altrimenti gioca sul telefonino…

Colleghi che ripetono le stesse cose, settimana dopo settimana (sì, di solito le riunioni sono almeno una volta a settimana, se si ha la fortuna di non essere manager…), altri che chiedono di verificare lo stato di avanzamento del loro progetto, che ha naturalmente dei problemi per colpa di cause esterne (elementi ambientali non ben precisati…) o interne (il collega che fa il capro espiatorio di turno, perché è stato in ferie o addirittura ammalato…), altri ancora che chiamano a gran voce l’ennesima riorganizzazione. Per poi non parlare di coloro che devono parlare di un argomento e si presentano impreparati. Talvolta c’è anche chi non sa nemmeno perché è stato invitato.

E se usassimo Slack, ho proposto alla mia ultima riunione? Tutti mi hanno guardato come se fossi un extraterrestre, per cambiare faccia quando hanno capito le potenzialità dell’applicazione. E se comprassimo anche un programma per fare recruiting automatizzando alcune funzioni che sono ripetitive e quindi inducono ad errori frequenti? Fantascienza Branchini, lavori in un’amministrazione pubblica!

 

 

Amati per come sei

Dopo aver terminato la formazione per diventare coach, ho cominciato a recitare un mantra che suona così: Io mi amo e mi accetto così come sono.

Tutte le volte che discuto con mio marito, soprattutto quando mi critica per certi miei comportamenti, ecco che gli recito questo mantra: Io mi amo e mi accetto così come sono. Ora lo sa già e me lo anticipa lui e va bene così perché significa che lo ha capito.

Cosa significa amarsi e accettarsi cosi come siamo?

Innanzitutto, significa avere una relazione sana con noi stessi, cioè costruirsi la genuina convinzione di essere abbastanza, di non essere inferiori a nessuno e non continuare a cercare di essere “validati” dagli altri.

Perché accettarsi è così importante? Ricerche hanno dimostrato che la non accettazione di sé stessi o una scarsa accettazione di sé stessi non solo può essere la causa di depressione e ansia, ma anche di disturbi alimentari che potrebbero sconfinare addirittura nell’obesità.

Anche se accettarci cosi come siamo ci farebbe stare meglio, non è facile, perché cerchiamo sempre l’approvazione degli altri. Questo è soprattutto frutto del condizionamento sociale, che ci spinge a cercare sempre la convalida da parte del gruppo, della comunità di cui ci sentiamo parte. Oggi poi, con l’utilizzo massiccio dei social media, l’abitudine di paragonarci agli altri, di cercare di avere il più elevato numero possibile di Mi piace, di sentirci parte di un qualcosa che va al di là della nostra identità, ci impedisce di raggiungere un benessere basato su chi siamo veramente e su quello che cerchiamo nella vita, il nostro scopo, il motivo per cui siamo su questo pianeta.

Pensiamo che il giudizio, l’approvazione degli altri contribuisca al nostro benessere, mentre in realtà non è così: chi sono questi “altri” dei quali ci fidiamo così tanto da poter permettere loro di valutarci? Li conosciamo davvero bene? Perché ci fidiamo del loro giudizio?

Ricorda: accettati per quello che sei, con tutti i tuoi pregi e tutti i tuoi difetti.

 

Burn-out e perfezionismo

Sei del genere che punta sempre più in alto, che non si accontenta mai del risultato raggiunto? Non è un difetto, anzi. Essere perfezionista, però, è un’arma a doppio taglio. Se sei troppo esigente con te stesso, potresti essere un candidato al burn-out.

Il perfezionismo è un po’ come lo stress: a piccole dosi fa bene, ma quando è troppo è troppo!

Il perfezionismo prende diverse forme e cambia a seconda delle persone. Generalmente il perfezionista è vittima dell’ambiente lavorativo, della pressione sociale o familiare. Ad esempio, le persone che vogliono sempre dimostrare di essere degli impiegati modello e che lavorano sempre di più, in termini quantitativi ma anche qualitativi, sono del genere perfezionista.

Questo comportamento può essere dannoso perché può trasformare la motivazione iniziale in esaurimento professionale. Una persona di questo tipo lavora in modo inflessibile e rigido verso sé stessa. Non riesce a staccarsi dal suo lavoro e non accetta di commettere errori.

Altri tipi di perfezionisti, si perdono nei dettagli, lavorano molto ma non in modo efficiente. Altri ancora si concentrano su dei compiti minori, perché hanno paura di affrontare grandi progetti e di non riuscire a gestirli e condurli fino alla fine. La paura del fallimento che provano, può impedirgli di andare avanti nel lavoro e di accettare nuovi incarichi.

A volte, si comportano così anche a casa, in ambito familiare. La casa deve essere sempre in condizioni impeccabili e quando rientrano dal lavoro non si concedono una pausa e si mettono subito a riordinare e pulire.

Nel lungo termine queste persone diventano fragili e vulnerabili. Possono andare incontro a un burn-out, disturbi alimentari o una depressione.

Nel caso di un burn-out, l’energia diminuisce progressivamente a causa di un sovraccarico costante. Se poi si aggiungono altri fattori come un lavoro poco gratificante o la mancata valorizzazione del proprio contributo, il rischio di burn-out aumenta.

Cosa può fare una persona in questa condizione? Innanzitutto, dovrebbe concentrarsi di più sul processo che sul risultato. Il risultato, infatti, dipende anche da circostanze esterne che non sempre si possono controllare. Inoltre, il perfezionista potrebbe cominciare a provare a concentrarsi sulle cose che gli piacciono e su quelle che gli procurano energia nuova, oltre che soddisfazione. Dovrebbe uscire con amici, passare più tempo in famiglia, dedicarsi ai propri hobby e alle proprie passioni.

Il perfezionista dovrebbe anche imparare che sbagliare è umano e che si impara dai propri errori.

Per inventare la lampadina, furono necessari 5000 tentativi!

Fai la differenza in un colloquio di lavoro

La maggior parte dei reclutatori usa domande comportamentali durante i colloqui di lavoro per verificare se le competenze e le abilità del candidato corrispondono al profilo ricercato.

La logica dietro questo tipo di domande è che come ti sei comportato nel passato in determinate situazioni probabilmente ti comporterai così anche in futuro al ripresentarsi di situazioni analoghe.

Tieniti pronto perciò a raccontare storie che illustrano la tua performance passata. Ci sono alcuni acronimi comuni che puoi usare per trasmettere un episodio che ti é successo al lavoro e che ti aiutano a ricordare la trama della tua storia. Il trucco nell’usare gli acronimi è che le iniziali guidano il tuo racconto durante il colloquio. Gli acronimi sono mappe mentali per mantenerti concentrato e in linea con la tua storia, ti aiutano a non perdere il filo del racconto e a non andare fuori pista.

I più comuni sono:

CAB: Challenge – Action – Behaviour (Difficoltà – Azione – Comportamento)
PAR: Problem – Action – Result (Problema – Azione – Risultato)
STAR: Situation/Task – Action – Result (Situazione/compito – Azione – Risultato)
SPARE: Situation/Problem – Action – Result – Enthusiasm (Situazione/problema – Azione – Risultato – Entusiasmo)
SBO: Situation – Behavior – Outcome (Situazione – Comportamento – Risultato)

Questi acronimi ti ricordano di includere tutte le parti importanti della tua storia in ordine cronologico. Considerali come un modello quando esponi la tua storia. Tutte le storie hanno un inizio, una parte intermedia e una fine. Ovviamente, tutte le parti sono essenziali per una storia che abbia senso.

  • L’inizio – perché lo hai fatto: le ragioni, il problema, l’incarico o la situazione.
  • La parte intermedia – come lo hai fatto: le azioni che hai svolto nelle tua storia.
  • Il finaleche risultato hai ottenuto: la fine della storia, dove potrai evidenziare gli aspetti positivi ma anche quelli negativi, e dire che cosa rifaresti e che cosa non rifaresti.

Tutte le volte che ti chiedono di parlare di un’esperienza di lavoro passata, come “Ci dica di quando ha dovuto affrontare…” oppure “Ci può fare un esempio…” pensa ad un acronimo come spunto per raccontare la tua storia.

La storia

Se durante un colloquio ti chiedono di raccontare di una volta in cui hai dovuto affrontare un cliente arrabbiato e vuoi dare una risposta brillante, devi citare un esempio specifico di una situazione nella quale te le sei cavata bene.

Usa un acronimo per ricordarti i dettagli della tua esperienza e comincia a raccontare i dettagli dall’inizio alla fine. Usiamo per esempio l’acronimo PAR:

Problem/Situation: “Un cliente mi ha chiamato arrabbiato per il suo conto e le spese aggiuntive. Urlava e mi insultava.”

Action: “L’ho lasciato parlare per farlo sfogare e quando ha cominciato a calmarsi, gli ho detto di aver capito il suo problema. Gli ho chiesto altre informazioni per essere sicuro di avere tutti i dettagli chiari.  Gli ho detto quindi che lo avrei richiamato dopo tre ore. Quindi, ho cercato nel suo profilo cliente e ho verificato le ragioni per le spese aggiuntive. Ho trovato alcuni errori e li ho presentati al mio capo con la raccomandazione di rettificare il problema. Il mio capo si è trovato d’accordo con le mie verifiche e quindi ho richiamato il cliente per fargli sapere che il problema era stato risolto.”

Result: “Il cliente ha dimostrato apprezzamento per il modo efficiente in cui avevo trattato il suo problema. Si è scusato per aver urlato e per avermi buttato addosso la sua frustrazione. Si è perfino offerto di inviare una mail al mio capo per il mio eccellente orientamento al cliente e per come avevo risolto il problema.”

Guarda come tutte le parti chiave del racconto sono descritte. Il punto di svolta del racconto è dimostrare come hai risolto con successo un problema e come hai gestito un cliente arrabbiato.

Usare gli acronimi per prepare le tue storie di successo farà una grande differenza nella tua performance durante il colloquio. Un acronimo ti aiuta a ricordare i dettagli della storia senza dover memorizzare un copione e quindi risultare innaturale nell’esposizione.

Usa un acronimo e farai un ottimo colloquio!