Consigli pratici per ridurre l’ansia

Ansia. Se avesse una personalità, sembrerebbe quell’amico che insiste a fare karaoke con “It’s the End of the World as We Know It,” stonato e non invitato. Ma c’è un punto importante in quest’immagine: l’ansia, anche se a volte fastidiosa, è come un amico che cerca di aiutare, anche se in modo goffo. È un segnale, non un nemico. Ascoltarla, invece di respingerla, può trasformarla da conoscente scomodo a compagno utile.

Ridefinisci l’ansia

A volte l’ansia sembra un crampo mentale che non passa, uno spasmo cerebrale che non ti lascia andare. Ma prova a riformulare questa sensazione: anziché vederla come un ostacolo, pensala come energia, una molla pronta a scattare. Non sei stressato, sei carico. Sei pronto per affrontare ciò che viene. Cambiare prospettiva è come dare al cervello il permesso di trasformare l’energia nervosa in azione, trasformando la tensione in prontezza.

Pianifica la tua giornata

Per molti di noi l’ansia deriva dall’incertezza che li accompagna. Prendere il controllo di ciò che ti aspetta può aiutare molto. Prova a fare una lista delle cose che vuoi realizzare oggi. Un elenco ben fatto può alleviare quella sensazione opprimente di sopraffazione. Pianificare rende chiaro ciò che è vago e, nella maggior parte dei casi, lo rende gestibile. Con una lista chiara, le preoccupazioni spesso si ridimensionano e scompaiono sullo sfondo.

Mira all’eccellenza, non alla perfezione

Il perfezionismo è uno dei partner preferito dell’ansia. Ti senti immobilizzato perché ti fissi su ogni piccolo dettaglio da sistemare. Vale la pena ricordare le parole dello scrittore Terry Rossio: “Il mio modo imperfetto di portare a termine le cose è meglio del tuo modo perfetto di non farle.” Quando ti concedi di puntare all’eccellenza anziché alla perfezione, stai aprendo una porta per far uscire lo stress.

Se preoccuparsi fosse una gara olimpica, probabilmente avrei più medaglie d’oro di Michael Phelps. Ecco un consiglio utile per ridurre l’ansia: connettiti con le persone che ami. In psicologia si chiama “social buffering,” e solo il sapere che ci sono persone che si prendono cura di noi riduce lo stress connesso all’ansia.

Gestire l’ansia mattutina

Se ti svegli ansioso, non sei solo. Esploriamo alcune cause comuni dell’ansia mattutina e come ridurla.

Sonno agitato
Una notte di sonno agitato spesso segue una giornata passata a rimuginare su preoccupazioni che tengono svegli. Ti suona familiare? Prova alcune tecniche di grounding per liberare la mente:

  • Ascoltare musica rilassante.
  • Tenere gli occhi aperti e osservare i dettagli intorno a te.
  • Piantare saldamente i piedi per terra, sentendo la sua stabilità.
  • Concentrarti su una conversazione neutra o sulla voce di qualcuno.

Troppa caffeina

Sebbene la caffeina possa essere un amico in piccole dosi, non lo è se l’obiettivo è rilassarsi. E la caffeina non si trova solo nel caffè; puoi trovarla in bibite dietetiche, cioccolato, tisane e persino in alcuni antidolorifici. Un approccio consapevole può fare la differenza, soprattutto limitando l’assunzione di caffeina dopo le 15:00, cosa che io faccio da anni.

Preoccupazioni continue

A volte tendiamo a preoccuparci troppo, ripensando a situazioni passate che non possiamo cambiare o immaginando i peggiori scenari possibili. Chiediti:

Stabilisci le tue intenzioni per la giornata
Il mattino è il momento ideale per stabilire le intenzioni per la giornata. Pensare agli obiettivi in prospettiva aiuta a ordinare i pensieri. Inizia con le priorità e scrivi i compiti più semplici e gestibili. Man mano che li depenni, ti sentirai più leggero. Ricorda, una lista di “cose fatte” scritta nero su bianco può dare soddisfazione, ogni segno di spunta è una prova del tuo progresso.

Inizia un diario
Scrivere i pensieri è incredibilmente terapeutico, quasi come una conversazione curativa. Chiediti:

  • Cosa mi preoccupa in questo momento?
  • Ho dei problemi di lavoro o personali che occupano la mia mente?
  • Cosa mi rende felice oggi?

Il diario crea uno spazio sicuro per i tuoi pensieri, portando a intuizioni che spesso alleviano l’ansia. Questi piccoli passi possono fare una grande differenza nel ridurre l’ansia. Ti aiutano a riflettere e riconnetterti con le persone che ami. Sono tutti modi per imparare a vivere con un po’ meno ansia e molta più gioia.

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Micromanagement

“Mi chiedeva di metterla in copia di tutte le email, anche quelle più banali. A volte bussava alla porta del mio ufficio per chiedermi se stavo bene perché avevo passato molto tempo in bagno, quando in realtà erano trascorsi appena cinque minuti. Controllava quando entravo e quando uscivo dal mio ufficio per vedere quanto tempo mi assentavo. La pressione che esercitava controllando ogni dettaglio del mio lavoro era asfissiante, più che esagerata e soprattutto controproducente.”

Questa è solo una testimonianza di un’impiegata che ha lavorato con un micro-manager. Qui, invece, trovi la mia testimonianza, descritta sulla base di circa otto anni di lavoro con due manager diversi, in due posti di lavoro diversi, ma con comportamenti simili.

Che cos’è il micromanagement esattamente? Si tratta di una pratica manageriale tramite la quale il manager esercita un controllo esaustivo delle azioni, dei compiti, delle funzioni e delle responsabilità delle persone all’interno dell’organizzazione a lui/lei subordinate a livello gerarchico.

È tipico anche che questo tipo di manager chieda di vedere un’email prima che venga inviata, come è anche tipico voler essere informato di tutte le decisioni che l’impiegato/a prende, perché il manager ritiene che la persona non possa prendere decisioni da sola.

Un micro-manager combina l’impazienza e la sfiducia con un controllo assoluto dei compiti assegnati ai suoi subordinati.

La situazione assomiglia agli schemi che servivano alla “Psicopolizia” per sorvegliare scrupolosamente ogni movimento dei personaggi del romanzo “1984” di George Orwell.

Photo by Michal Jakubowski on Unsplash

Come succede nel libro, le conseguenze di questa pratica di controllo ferreo sugli impiegati sono devastanti. Il capo ci guadagna in tranquillità ma i collaboratori ne soffrono e oltretutto sono meno produttivi. Infatti, questo sistema crea dei colli di bottiglia che causano un rallentamento di tutte le attività. Questi tipi di manager vogliono guadagnarsi una buona reputazione ed evitare che un superiore possa dar loro la colpa che qualcosa sia stato fatto male.

La parte peggiore però ricade sugli impiegati. Molte volte non sanno come dare priorità alle cose che devono fare, perché il capo cambia continuamente le sue priorità sulla base dell’urgenza che arriva, o perché un superiore glielo chiede o perché è un’esigenza del mercato. Gli impiegati perdono in creatività e in autostima. Si stabilisce una “cultura della paura”, dove tutto è soggetto agli ordini del superiore. Questo può provocare assenteismo per malattia.

A parte vere e proprie malattie di tipo psicosomatico che possono insorgere, si sviluppano anche delle situazioni psicologiche per le quali la persona si sente senza valore, diventa sempre più piccola fino a dubitare delle sue capacità. Ci si comincia a chiedere: “Sono capace di farlo?”, “Mi sono sbagliata lavoro?”, “Perché mi controlla così, cosa ho fatto di male?”. E può anche succedere che si lascia il lavoro, anche se magari si ha un buon stipendio. Quando una situazione non si riesce a cambiare o accettare, si deve lasciare andare, abbandonare e, in questo caso, ci si potrebbe appunto licenziare.

È importante sapere che le persone non lasciano il lavoro che fanno, ma lasciano il loro capo.

Ma perché i manager cadono in questa trappola?

Se il micromanagement rovina l’ambiente di lavoro, la salute degli impiegati, e risulta dannosa persino ai capi che perdono in produttività fino ad arrivare alla perdita dei loro collaboratori, perché non si può evitare questo controllo totale e costante? I capi non hanno abbastanza lavoro di cui occuparsi?

Ci sono diverse cause possibili.

Primo, il capo stesso subisce delle pressioni dall’alto, siano esse dai propri capi, dagli azionisti, dal mercato o dalla concorrenza.

Secondo, l’incompetenza. Il manager si sente insicuro perché i suoi impiegati sono piú bravi di lui/lei oppure non sono adatti a quel tipo di lavoro.

La terza causa è chiara e diretta: la personalità ossessiva del capo che lo rende incapace di organizzare il suo lavoro di gestione.

Qualsiasi sia la causa, è necessario analizzare quanto sta succedendo per poter mettere fine a questa situazione il più presto possibile.

Normalmente ci si dovrebbe rivolgere alle risorse umane per esporre la situazione. Ma puó accadere che anche alle risorse umane ci siano dei micro-manager. Parlo per esperienza diretta, ho lavorato alle risorse umane per più di 10 anni e ho visto tanto micro-manager lavorare con me.

In alternativa, ci si potrebbe rivolgere al superiore gerarchico chiedendo di mettere in atto delle tecniche, magari con l’aiuto di un coach.

Una tecnica potrebbe essere quella del semaforo. Insieme al capo si definiscono i limiti di controllo ammissibili, cioè da non oltrepassare. Qualora questi limiti venissero superati si lanciano dei segnali alla persona al comando. Quando il superiore li riceve, identifica il suo comportamento e cerca di controllarlo.

Un’altra strategia è quella di definire il profilo del capo e di ogni membro del team, analizzandone le caratteristiche personali, professionali e comunicative. Una volta completata questa “radiografia” il capo deve rispondere a queste tre domande:

  1. Che stile di leadership utilizza con ogni impiegato;
  2. Quale stile di leadership necessiterebbe ogni impiegato;
  3. Quali modelli di leadership desidererebbe utilizzare in concreto con quell’impiegato.

Il capo potrebbe rendersi conto a questo punto che il tipo di leadership che sta utilizzando è in linea con il ruolo di quella persona, ma non è ciò di cui quel dipendente, per via della sua personalità, ha bisogno. Adottando questo cambio di paradigma, il capo inizia a pensare non dal suo punto di vista, ma da quello del suo collaboratore.

Sebbene queste strategie possano sembrare fantascienza, con il tempo e la volontà di cambiamento, il successo è assicurato.

Tu hai mai lavorato con un capo maniaco del controllo?

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Perché é difficile riconoscere una persona ansiosa

Se non hai mai sofferto d’ansia, potresti non capire cosa significhi essere in una tale situazione di disagio psicologico, soprattutto se stai vicino alla persona che ne soffre. E’ un paradosso?

Vediamo alcune possibili ragioni del perché é difficile riconoscere una persona ansiosa.

I parenti o gli amici, forse per paura, preferiscono evitare l’argomento e tendono a pensare che la persona in questione non possa essere ansiosa perché é sempre allegra, socievole, si diverte, e non mostra segni di distress

Perció, le persone che soffrono di ansia non sono così facilmente individuabili come si potrebbe pensare. Molte vittime di ansia infatti indossano una maschera spesso inconscia di fiducia e apparente felicità per camuffare la loro condizione che é molto difficile da vivere. Hanno paura di far preoccupare la famiglia o gli amici e non vogliono essere di peso, anche perché pensano che il rapporto con loro possa essere fortemente influenzato.

Può quindi diventare difficile per la famiglia e gli amici individuare i disturbi d’ansia. Tuttavia spesso questi influenzano la vita di tutti i giorni e il comportamento di base dei soggetti che ne sono vittime.

Se invece la persona decide di parlarti apertamente é importante allora che tu ascolti e cerchi gradualmente di far luce sulla sua condizione, fornendo un supporto adeguato senza farti coinvolgere. Ricorda peró che questa condizione non puó finire per magia e quindi bisogna consigliare una visita da un professionista della salute come uno psicoterapeuta perché solo uno specialista puó identificare il problema di base e trattarlo adeguatamente.

Cerchi consigli semplici per superare uno stato d’ansia? Leggi qui!

Ansia – Anxiety

Perché il perfezionismo non fa bene alla salute

Il perfezionismo estremo è uno stile di vita compulsivo che ha un alto costo personale e può portare ad ansia o depressione. A volte nasconde una bassa autostima. Il perfezionismo non fa bene alla salute.

Essere perfetti significa non avere imperfezioni, difetti o debolezze, e potrebbe sembrare un vantaggio. Se pensiamo al lavoro, per esempio, si potrebbe dire che il perfezionismo porti piú facilmente al successo, grazie al voler raggiungere standard elevati di prestazione, attenzione ai dettagli, e dedizione .

Attenzione peró perché questo è un mito. Il perfezionismo non fa bene alla salute, perché essere perfezionisti non significa necessariamente fare bene le cose.

Il perfezionismo colpisce persone di ogni età e stile di vita, e, in particolare, è in aumento tra gli studenti. Uno studio che ha riguardato 41.641 università britanniche, canadesi e americane svolto tra il 1989 e il 2016, ha mostrato un aumento della percentuale di giovani che sentono di dover raggiungere la perfezione per raggiungere i loro obiettivi accademici e professionali.

Il perfezionismo estremo è un modo compulsivo di volere che le cose e il modo in cui le facciamo siano perfette ed esatte. Puntare alla perfezione può avere un alto costo personale, comporta molteplici effetti negativi, come disordini alimentari, ansia o depressione. Soprattutto tra i giovani, il legame tra perfezionismo e rischio di suicidio è un dato allarmante.

Secondo lo studio, un numero crescente di persone sta sperimentando quello che i ricercatori definiscono “perfezionismo multidimensionale”, che include il perfezionismo rivolto a se stessi, quello rivolto verso gli altri e quello socialmente prescritto.

Mentre il perfezionismo auto-orientato si concentra su standard personali estremi, il perfezionismo orientato all’altro implica esigere che gli altri rispettino aspettative eccessivamente elevate e irrealistiche, e che si sottopongano a nostre valutazioni rigorose e critiche.

Infine, il perfezionismo socialmente prescritto implica la percezione che altre persone, e anche la società in generale, stiano imponendo alte aspettative riguardo alle nostre prestazioni.

Ogni forma di perfezionismo ha una carica negativa, particolarmente intensa per chi soffre del perfezionismo socialmente prescritto.

Quando la persona che ambisce alla perfezione fallisce, soprattutto in presenza di altri, prova un senso profondo di colpa e di vergogna per ciò che percepisce come un fallimento.

Come cambiare questa ambizione al perfezionismo?

Ci sentiamo in colpa quando falliamo, quindi è importante imparare che fallire è accettabile. Perció:

  • Concediti il ​​permesso di stabilre aspettative più realistiche e flessibili.
  • Mantieni una prospettiva personale e concentrati su ciò che ti appassiona.
  • Se pensi, o se ti viene detto che la tua situazione é critica, non esitare a cercare un aiuto professionale.

Cerca di riconoscere che dal fallimento puoi imparare e andare avanti perché ricorda che la lampadina fu inventata dopo 2000 tentativi!

Pensi di essere perfezionista? In quale tipo di perfezionismo ti riconosci?

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Come aiutare un amico o un’amica in difficoltà

Fa male vedere una persona cara che non sta bene psicologicamente. Come aiutare un amico o un’amica in difficoltà? Nessuno ti ha insegnato come fare e tu non sai sa cosa fare. Dipende molto dalla tua sensibilità e empatia.
Un amico/a celebra con te i successi ma è anche disponibile ad ascoltare tue angustie, le tue paure, frustrazioni e problemi in generale.

Hai notato che un tuo amico o una tua amica non sembra più quello/a che conoscevi. Ti sembra triste, spento/a, parla poco, è isolato/a e bloccato/a nei suoi pensieri. Oppure è inquieto/a, nervoso/a, iperattivo/a, ansioso/a, irritabile e ha cominciato a bere molto alcol.

Ti chiedi se sarà stato a causa della pandemia. Forse, ma era così anche d’estate, quando la situazione Covid andava meglio. Continua a vedere tutto nero, non vuole uscire, non vuole vedere nessuno e nemmeno parlare con qualcuno.

Dorme male, non è motivato/a ad andare a lavorare.

La prima cosa che viene spontaneo fare, è cercare di tranquillizzarlo/a, dicendo che non si preoccupi, che tutti abbiamo dei problemi e magari cominci a raccontargli i tuoi, come se questo potesse tirarlo/a su di morale. E il risultato è che il tuo amico o la tua amica stanno sempre peggio.

In effetti, questo sminuire lo stato di malessere delle altre persone non fa altro che contribuire a farle stare peggio.

Una volta una psicologa mi disse che quando una persona è agitata, non bisogna mai dirle si stare calma, perché questo sortirebbe l’effetto opposto. Si tratta più o meno della stessa cosa. Se una persona sta male non devi sottovalutare il suo malessere.

stormy sea with splashes and waves
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È normale voler aiutare un amico/a in difficoltà, ma per aiutarlo/a devi ascoltarlo/a, in modo attivo ed empatico.

Ascoltare in questo modo non è facile, ma si può imparare, innanzitutto validando quello che sente l’amico/a, non sottovalutando la sua situazione e facendogli capire che non è solo/a.

A volte, dispensare consigli non è utile, invece potrebbe essere utile offrire un aiuto pratico, come fare la spesa per esempio. Oppure puoi proporre di uscire insieme, andare a bere qualcosa o al ristorante, perché così il tuo amico o la tua amica si possono distrarre e magari si rilassano e ti raccontano il momento difficile che stanno passando. Anche una passeggiata nella natura o una breve escursione sono attività che possono rivelarsi utili. Visitare una mostra d’arte o un museo puó davvero aiutare a tirare su il morale.

Non devi essere invadente, devi lasciare al tuo amico/a spazio e tempo, trasmettendo speranza rispetto alla possibilità che più avanti si sentirà meglio. Puoi anche dirgli/le di ricordare alcuni momenti belli del passato che potrebbero essere di conforto. Oppure, puoi dirgli/le di pensare ad altri momenti difficili e chiedersi come li ha superati.

Non devi fare pressione, né giudicare ma restare disponibile.

Ovviamente non bisogna assumersi la responsabilità della salute mentale dell’altra persona. Se non sei psicologo/a non puoi sapere se quello che sta attraversando la persona è temporaneo oppure si tratta di un vero e proprio disturbo mentale. Per questo, se vediamo che l’amico/a non migliora, dovresti cercare di convincerlo/a ad andare dal dottore a spiegare la situazione. Magari potresti anche offrirti di accompagnalo/a, perché sono gli amici che aiutano a ritrovare la luce nei momenti bui.

Quali sono le tue strategie per aiutare un’amico/a a superare una situazione difficile?

gray asphalt road surrounded by tall trees
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Come affrontare l’ansietá climatica

A causa dei disastri climatici provocati dal surriscaldamento del pianeta che stanno diventando sempre più frequenti e preoccupanti, si sta verificando in modo parallelo un nuovo fenomeno: l’ansietà climatica o eco-ansietà.
L’ansietà climatica si può definire come lo stress che una parte delle persone sente a causa degli eventi ambientali anche se non ha dovuto (ancora) confrontarsi con essi. Ci si sente sopraffatti da questi eventi che sono fuori dal nostro controllo.

Può essere difficile guardare avanti quando non vedi un futuro chiaro perché le condizioni ambientali si stanno degradando sempre di più.

Purtroppo l’ansietà climatica si sta diffondendo molto, soprattutto tra le nuove generazioni che evidentemente saranno quelle che subiranno un maggiore impatto dalla crisi climatica.

Partecipare alle manifestazioni, far sentire la tua voce, studiare soluzioni è importante ma questo può generare ancora più stress perché capisci la rilevanza e l’enormità della crisi.

Perciò, diventa importante anche prendersi cura di sé stessi, perché non puoi salvare il pianeta senza prenderti cura di te stesso/a. Poi, in effetti non si tratta di salvare il pianeta, il pianeta si salverebbe da solo dal primo momento che il genere umano cominciasse a rispettarlo. Si tratta piuttosto di preservare le condizioni che rendono possibile la vita sulla terra. Quindi, il primo passo é preservare te stesso/a con un occhio di riguardo all’ambiente.

food vegetables man people
Photo by Anna Tarazevich on Pexels.com

Vediamo alcuni modi per affrontare lo stress dovuto alla crisi climatica.

Concentrati su quello che puoi controllare

La crisi climatica è un argomento estremamente complesso non solo per le persone, ma anche per le industrie e i governi. Anche se a volte puoi sentirti scoraggiato/a, è importante ricordarti che puoi concentrarti su quello che dipende da te, dalle tue azioni, dai piccoli passi che puoi fare per contribuire al cambiamento di direzione.

Per esempio, puoi decidere di mangiare meno carne (lo sai che per produrre una bistecca sono necessari 15.000 litri d’acqua e vengono disboscate grandi porzioni di foresta?). Oppure puoi scegliere di comprare meno vestiti, di abbassare di mezzo grado la temperatura di casa tua, di lasciare la macchina in garage e camminare di più.

Partecipare a una manifestazione oppure far parte di un’associazione impegnata nella salvaguardia dell’ambiente sono tutte cose alla tua portata. Ricorda di non metterti troppa pressione perché non puoi risolvere la crisi da solo/a. Puoi però fare dei piccoli cambiamenti nel tuo stile di vita.

Prenditi una pausa dalle notizie sul clima

Passare il tempo a leggere gli aggiornamenti sulla crisi climatica non aiuta la tua salute mentale. Prenditi una pausa, anche per qualche giorno. Le notizie e gli aggiornamenti saranno ancora disponibili quando tornerai e, soprattutto, é molto probabile che la situazione purtroppo non sará cambiata in meglio.

Ricordati che non sei solo/a in questa battaglia

Anche se a volte può sembrarti il contrario, non sei sola/o nella battaglia contro la crisi climatica. Ci sono tante persone al mondo che dedicano il loro tempo a questa sfida e si sentono probabilmente come te. Cerca di connetterti con queste persone, ce ne sono sicuramente anche vicino a te. È importante cercare delle altre persone altrettanto preoccupate per la sorte del pianeta, che è anche la sorte di tutti noi. Questo ti aiuterà a ritrovare un po’ di speranza, ti darà coraggio e forza per andare avanti in questa battaglia.

Dedica più tempo a te stesso/a

Assicurati di fare le cose che ti piacciono, passeggia nella natura, leggi un libro, guarda un film, riscopri quell’attività che ti piaceva tanto. Insomma, creati un spazio di benessere personale.

Parla con qualcuno di come ti senti.

L’ansietà climatica è una cosa reale che a volte non è possibile affrontare da soli/e.

Se queste sensazioni di stress e ansia stanno disturbando la tua vita, parlane con qualcuno. Chiama un amico/a, un familiare, o un coach. Ti aiuterà sicuramente ad affrontare questa situazione.

Tu pensi di soffrire di eco-ansietá?

woman sitting on wooden planks
Ansietá climatica – Photo by Keenan Constance on Pexels.com

Perché l’attività fisica è indispensabile alla tua salute

Durante il lock-down le palestre sono state chiuse e non tutti abbiamo fatto esercizio fisico nelle nostre case, magari seguendo un video su YouTube. Per evitare che non solo il peso ma anche lo stress e l’ansia aumentino è indispensabile fare attività fisica regolarmente.

L’attività fisica ritmata (danza, camminata, bicicletta) da sola non basta, bisogna mantenere la massa muscolare che, soprattutto con l’età che avanza, rischia di diminuire.

Il mantenimento della massa muscolare risulta essere particolarmente importante in caso di dieta. Infatti, grazie ad una massa muscolare sviluppata regolarmente, puoi evitare di riprendere grasso e stabilizzare il peso.

Per non perdere massa muscolare, mangia proteine, fai esercizi di resistenza, aumenta l’assunzione di Omega 3 e controlla i tuoi livelli di vitamina D.

Inoltre, ci sono almeno altri 12 benefici che un’attività fisica moderata e regolare ti puó portare. Vediamoli.

  1. Aumento del benessere fisico, mentale ed emotivo.
  2. Riduzione della sensazione di fame.
  3. Miglioramento del colesterolo “cattivo” e riduzione dei trigliceridi.
  4. Diminuzione del rischio di malattie cardio-vascolari.
  5. Diminuzione della frequenza cardiaca a riposo.
  6. Riduzione del grasso addominale.
  7. Miglioramento della qualità del sonno.
  8. Riduzione del tempo di addormentamento.

Cambia le tue abitudini! Corri, vai in bicicletta, cammina nella natura ma anche in città, segui un corso di yoga o Pilates anche online o prendi un coach sportivo. Vedrai che la forma e il morale torneranno al top!

Cosa ne pensi di iniziare o ricominciare un’attività fisica?

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Photo by Li Sun on Pexels.com

Come e perché dovresti ascoltare il tuo corpo

Nella nostra epoca riceviamo informazioni e stimoli da tutte le parti: email, social, televisione, persone che conosciamo e colleghi di lavoro. La nostra mente è stimolata eccessivamente per tutta la durata della giornata e questo può causare stress e ansia che possono portare anche a un vero e proprio esaurimento.

Questa eccessiva attivitá cerebrale va a detrimento della attività del nostro corpo che viene relegato a un mero contenitore di organi che ci permettono solo di muoverci (anche se a volte meno di quello che dovremmo).

Troppe ore passate davanti allo schermo (cellulare, computer o televisione che sia) non consentono al corpo di tonificarsi e quindi rigenerarsi. Durante la pandemia, poi, abbiamo passato ancora più tempo davanti ad uno schermo, potevamo uscire molto meno o proprio non potevamo uscire!

Inoltre, può succedere che ignoriamo i dolori del corpo utilizzando analgesici o altri tipi di medicinali per stare bene il piú presto possibile.

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Photo by Artem Podrez on Pexels.com

Se fai così sappi che ti stai facendo la guerra, perché mettere a tacere il tuo corpo non ti aiuterà a risolvere il problema.

Il corpo infatti ci manda segnali importanti che dovresti iniziare a considerare. Continuando a ignorare i messaggi che ti manda, potrebbe arrivare un momento in cui il dolore diventa insopportabile. E potrebbe essere troppo tardi.

Cosa fai se senti un rumore strano provenire dalla tua macchina? La porti in officina per evitare di rimanere a piedi. La stessa cosa devi fare con il tuo corpo.

Per esempio, se hai mal di schiena frequenti, potrebbe significare che devi cambiare posizione, adottare una postura più adeguata, magari cambiare sedia o semplicemente andare a fare una passeggiata.

Prova a pensare che in realtà il dolore è un tuo alleato perché vuole farti notare che c’è qualcosa che non va e che dovresti occupartene per cercare di risolverla.

Vediamo come fare per imparare ad ascoltare il corpo con queste quattro tecniche che puoi usare tutti i giorni.

Scanner mentale. Questa è una tecnica della mindfulness che consiste nel percorrere mentalmente il tuo corpo, dalla testa ai piedi per verificare lo stato di salute di ciascuna parte.

Passeggiate quotidiane. Questo è il modo migliore per alzarti dalla sedia. Di solito tutti i cellulari hanno un app per calcolare i passi. Io mi sono iscritta a una “gara” mensile con colleghi per fare almeno 6.000 passi al giorno. Alla fine della gara, ci sarà un premio per il camminatore che avrá fatto più passi. Prova anche tu a fare una gara di passi con i tuoi amici o colleghi!

Nutrire il corpo e la mente. I giapponesi mangiano fino all’80% della loro fame per non appesantirsi (questo è un principio dell’Ikigai). Quindi, mangia meno ma mangia sano e dormi almeno sei ore per notte per fare in modo che il tuo corpo e la tua mente possano fare un “reset” completo.

Rispetta il messaggero. Anziché prendere dei medicinali al primo sintomo di malessere o di dolore, prova ad ascoltare il tuo corpo e cerca di capire quello che ti sta comunicando. Pensa che il tuo corpo ha bisogno di essere considerato e accudito. Non aspettare che il tuo corpo ti chieda aiuto con un estremo dolore, perché ricorda che potrebbe essere troppo tardi.

Se ascolti i messaggi del tuo corpo, il tuo corpo ti ringrazierá.

Tu cosa fai quando non ti senti bene, ascolti il tuo corpo o prendi subito una medicina?

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Photo by Mikhail Nilov on Pexels.com

Come è cambiata la nostra idea di vita in città durante il Covid

Il Covid ha cambiato radicalmente il nostro modo di vita in citta. Di conseguenza, anche il nostro rapporto con la cittá.

Se eravamo disposti a pagare di più per un affitto in centro o per comprare un appartamento piccolo pur di stare in città, lo siamo ancora?

Dati sull’acquisto di case in Belgio, dimostrano che le persone durante la pandemia si sono indirizzate maggiormente verso la campagna, dove le case costano meno ma si può usufruire di più spazio. Per quanto riguarda gli appartamenti, le persone ora vogliono almeno un balcone.

Se prima il fatto di poter prendere un aperitivo velocemente dopo il lavoro, poter uscire la sera a cena senza dover fare troppi chilometri, o di andare al cinema o a un concerto, giustificava il fatto di vivere in appartamenti piccoli, esposti alla convivenza non sempre facile con i vicini di condominio e al rumore esterno, forse ora non è più così.

Le città durante la pandemia si sono trasformate in luoghi dove lavorare e dormire. E ci si comincia a chiedere, che vita sto facendo?

Se sei potuto andare al lavoro durante la pandemia, non hai avuto l’impressione di vivere in ufficio? Se invece, hai fatto sempre telelavoro, hai avuto difficoltà a conciliare la vita lavorativa e quella familiare e/o personale?

Con le regole del confinamento usare i mezzi pubblici costituiva un problema, a causa della paura del contagio e perciò si faceva la spesa vicino a casa.

Photo by Matt Seymour on Unsplash

Lo stare sempre in casa e rispettare le regole del lockdown hanno fatto aumentare in maniera preoccupante casi di ansia nelle persone. Infatti, è dimostrato che vivere in città ci si sente più isolati, anche se apparentemente sembrerebbe vero il contrario. La natura è energizzante e rivitalizzante e ci può aiutare nei periodi difficili come quelli del Covid.

Per tanto tempo siamo stati privati dalla nostra necessità e voglia di socialità, le nostre passeggiate si sono ridotte al giro del quartiere per adempiere al nostro impegno quotidiano di fare 6000 passi (se avevamo preso questo impegno con noi stessi) o per non dimenticare la sfida di mantenerci in salute nonostante tutto.

Cose comuni come mangiare insieme agli amici o ai colleghi, andare al cinema o fare shopping, si sono trasformate in cose straordinarie.

È per questo che forse abitare in campagna è diventato più popolare? Spendere meno per una casa con giardino in mezzo alla natura, ti farebbe cambiare idea sul vivere in città?

Photo by Badiuth on Unsplash

Ti annoi al lavoro?

Hai finito il lavoretto della giornata in un’ora e ti dedichi al compito di ammazzare il tempo che ti resta per completare la tua giornata di lavoro. Potresti chiedere al capo qualcosa in piú da fare, ma preferisci uscire. Se hanno bisogno di te, ti chiameranno.

Sembra un piano invidiabile, ma mentre pubblichi qualcosa su Facebook, cerchi le migliori offerte di libri da comprare e mangi un panino, vorresti che arrivasse la chiamata. Non arriva, e ti rendi conto che la tua noia è già cronica, ha un retrogusto amaro di ansia e ti senti sottovalutato. Non è normale.

Questo tipo di noia è chiamato dagli specialisti sindrome del boreout o sindrome del lavoratore annoiato. Secondo gli psicologi, questa noia può essere dannosa quanto l’esaurimento da superlavoro, la più conosciuta sindrome del burnout. Si tende a pensare che un dipendente annoiato coglierà l’occasione per dedicare maggiore attenzione allo svolgimento di un determinato compito, ma non è così. Secondo uno studio dell’Università del Lancashire (Inghilterra), le persone annoiate in realtà hanno scarso rendimento lavorativo e commettono più errori.

Naturalmente, per evitare di farsi coinvolgere dalla fonte della loro noia, le persone con questa sindrome tendono a essere distratti dai social media e potrebbero persino sviluppare una dipendenza. Cibo, alcol e tabacco sono ottimi candidati per riempire il tuo tempo. Ti suona familiare?

È importante distinguere la noia normale, anche sana, dalla noia costante e cronica che finisce per farti sentire inutile. La noia cronica può generare ansia profonda e può influenzare negativamente tutti gli aspetti della vita, dalla famiglia alla vita sociale.

Sappiamo già che, normalmente, le cose che ci annoiano sono le stesse cose che non ci piacciono. I tuoi livelli di motivazione e coinvolgimento diminuiscono, il tuo livello di responsabilità si abbassa e il risultato é un atteggiamento passivo. Stai procrastinando. Ma c’è di più.

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Per cominciare, sappi che annoiarsi durante la giornata lavorativa non dipende dal tipo di lavoro che svolgi, ma dal tipo di interessi che hai. Puoi avere il miglior lavoro, persino essere il capo, ma sentirti profondamente annoiato e sottovalutato. In altre parole, lavorare su qualcosa che non corrisponde alla tua formazione o esperienza, e che non ti permette di svilupparti pienamente, è una bomba a orologeria. Altre cause di demotivazione sono anche la mancanza di comunicazione con gli altri, lo svolgimento di mansioni monotone che non rappresentano alcun tipo di sfida, e avere un contratto precario.

Tutti questi fattori aumentano quando devi accettare un lavoro perché non hai altra scelta o non puoi permetterti di cambiare. La situazione com’é noto sta peggiorando in questi tempi a causa della crisi economica provocata dalla pandemia. Le persone che accettano lavori che non amano corrono un rischio molto più elevato di soffrire di noia e esaurimento perché fanno qualcosa che sanno fin dall’inizio che non gli piace; l’unica motivazione è finanziaria e negli anni questo comincia a pesare molto. Si tratta di una situazione estremamente grave perché trascorriamo circa il 33% della giornata al lavoro, a volte di più.

Per cercare di arginare i danni, potesti cominciare a trovare piccole motivazioni da poter inserire durante la giornata di lavoro. Si tratta di rendere ogni giorno significativo e interessante. Tuttavia, trovare un’attività entusiasmante per colmare i tempi di inattività sul lavoro puó essere utile ma non é sempre possibile. In questi casi, potresti spostarla in momenti liberi, magari subito dopo l’orario di lavoro.

Se nonostante questo, la motivazione non aumenta, potrebbe essere meglio trovare un altro lavoro che piace di piú, magari qualcosa che si potrebbe fare mantenendo senza licenziarsi. Non sarebbe opportuno, infatti, sostituire l’ansia generata dalla mancanza di motivazione al lavoro con quella che nasce dalla disoccupazione. Oppure potresti considerare un lavoro part-time o fare attività di volontariato, se hai risorse sufficienti per vivere.

Come va il tuo lavoro? Ti senti sottovalutato/a, stressato/a o ti piace quello che fai?

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