India, 6 aprile 1930. Sotto un sole caldissimo, una folla affaticata arriva su una spiaggia. Un vecchio va verso il mare per prendere dell’acqua.

L’uomo è Mohandas Gandhi. È alla testa di una rivolta pacifica contro l’occupazione degli inglesi. Con i suoi seguaci ha percorso circa 400 km a piedi per arrivare al mare. Non per fare il bagno, ma per prendere del sale.

All’epoca gli inglesi proibivano agli indiani di raccogliere il sale. Solo lo stato coloniale aveva il diritto di raccoglierlo e venderlo. Gli indiani erano quindi obbligati ad acquistarlo dagli inglesi a un prezzo fissato da loro.

Gli inglesi organizzano di fatto quello che si chiama “monopolio di stato”.

In effetti, nella storia dell’umanità, il sale è sempre stato un prodotto di prima necessità perché era il solo modo per conservare gli alimenti. Nelle economie dell’epoca, il sale occupa un posto particolarmente importante.

Moneta di scambio, fonte di entrata per lo stato, sotto l’impero romano il sale era utilizzato per remunerare il lavoro (da qui la parola “salario”).

Ecco perché controllare il sale ha causato delle guerre e delle rivolte popolari. L’ingiusto monopolio del sale simbolizza il colonialismo e spinge gli indiani a protestare con questa “marcia del sale” condotta da Gandhi. Questo però non piace agli inglesi che reprimono severamente il movimento. Gandhi passa 9 mesi in prigione, ma alla fine vince la battaglia: gli indiani possono finalmente raccogliere il loro sale e cominciare il cammino verso l’indipendenza.