Questa storia racconta l’importanza dell’apprezzare le differenze per costruire l’intelligenza collettiva.
Soli si va più veloci, insieme si va più lontano – Proverbio africano
Una favola indiana racconta la scoperta di un elefante da parte di sei persone cieche.
Ognuno di loro toccando solo una parte dell’elefante lo descriveva in modo diverso a seconda di dove aveva toccato l’animale. Quindi, uno lo comparò ad un muro, un altro disse una lancia, un altro ancora un serpente, oppure un albero, un ventaglio o una corda.
Cominciarono a discutere su quello che avevano sentito toccando l’elefante. La discussione diventò molto animata perché ciascuno di loro voleva aver ragione.
Un saggio passò vicino e li sentì discutere. Quindi, si avvicinò e con un sorriso disse loro: “L’elefante ha tutti i tratti che avete descritto, perché voi avete toccato solo una parte dell’animale. E’ per questo che lo descrivete diversamente”.
Questa storia spiega bene che è molto incauto essere certi di aver ragione e che la realtà supera sempre le nostre visioni personali e il nostro contesto che é basato su un percorso unico e su delle credenze limitanti.
Le differenze quando diventano ostacoli ci tolgono l’occasione di ampliare la nostra coscienza e di arricchire l’intelligenza collettiva, dove la somma degli individui é superiore al loro risultato numerico (in altre parole 1+1 non fa 2 ma 3).
Perciò, considerare un alleato colui che la pensa diversamente piuttosto che un nemico o un rivale, non ci condurrebbe a sommare i nostri approcci diversi ma a far nascere delle soluzioni inedite, che supererebbero l’apporto individuale di ciascuno di noi.
Ancora una volta, il buon senso ci invita ad essere tolleranti piuttosto che giudicare. Perché giudicare significa separare e, come dice il proverbio africano “Soli si va più veloci, insieme si va più lontano”.
Viviamo in un’epoca di incertezza politica e di conflitto perpetuo. Mentre è facile arrendersi e dire che non si può cambiare il mondo, che una persona non può fare la differenza, la vita del Mahatma Gandhi (1869-1948) ci dimostra che é vero il contrario. L’azione di Gandhi ci ispira a fare del bene senza mai arrenderci.
Il padre della nazione indiana
Leader del Partito del Congresso nel 1921, Gandhi guidò campagne nazionali per ridurre la povertà estrema in India, attribuire più diritti alle donne, stabilire la pace tra gruppi etnici e religiosi ostili e ottenere l’indipendenza del popolo. Forse la sua più grande eredità è il modo in cui ha usato la nonviolenza per combattere l’oppressione, una credenza adottata oggi da migliaia di seguaci della resistenza pacifica in tutto il mondo. Gli indiani spesso si riferiscono a lui come il padre della nazione. Deve la sua eccezionale leadership alla capacitá di costruire ponti tra diverse comunità: indù di casta superiore e inferiore, musulmani, cristiani. Gandhi crede nella bontà dell’uomo, indipendentemente dalla sua religione, classe sociale o genere.
Forza dell’opposizione pacifica
Eternamente ottimista, Gandhi ha sempre creduto nella capacità dell’essere umano di evolversi verso un livello superiore di coscienza. Questo è ciò che ha dimostrato guidando con l’esempio durante la sua vita, trasformando ogni crisi e conflitto in un’opportunità di crescita spirituale. Gandhi non ha mai smesso di essere ottimista, anche nei momenti più bui, la luce della speranza ardeva in lui.
Gandhi sosteneva l’armonia religiosa. Ha costantemente sostenuto la parità di diritti per i musulmani in India. Quando scoppiavano le violenze tra musulmani e indù, ricorreva al digiuno, minacciando ripetutamente di lasciarsi morire.
Intendeva essere giudicato in base ai fatti piuttosto che alle parole e credeva fermamente che la sua sofferenza personale avrebbe spinto gli uomini a deporre le armi. Rafforzato da questa filosofia morale, la sua vita pubblica e privata sono strettamente legate. Ci ha mostrato chiaramente il potere dell’opposizione pacifica di fronte all’oppressione, all’ingiustizia e alla brutalità.
Tuttavia, la nonviolenza non consiste nell’astenersi da qualsiasi vera lotta. Gli ci è voluto molto coraggio per affrontare la violenza e rafforzare le sue convinzioni. “Mi oppongo alla violenza”, disse una volta, “… perché quando sembra produrre il bene, il bene risultante è solo transitorio, mentre il male prodotto è permanente.”.
Tragicamente, l’ironia è che la vita di Gandhi finisce in modo violento. Fu assassinato il 30 gennaio 1948 dal nazionalista indù Nathuram Godse. L’eredità che ci ha lasciato continua a vivere e rimane una vera fonte di ispirazione. Nel 2007, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2 ottobre, compleanno di Gandhi, la Giornata Internazionale della Nonviolenza.
Dare l’esempio
La vita di Gandhi è stata un esempio luminoso per molti leader politici tra cui Martin Luther King, Václav Havel e Nelson Mandela, che hanno combattuto per il cambiamento sociale. Il loro potente messaggio per noi è di rispettare la dignità umana e essere tolleranti. Questo è qualcosa a cui tutti dovremmo pensare, soprattutto considerando l’attuale contesto politico, in cui così tanti paesi sembrano profondamente divisi nel loro modo di pensare. Mentre leggendo le notizie si è tentati di concludere che non si può cambiare nulla in questa triste situazione, è sufficiente ricordare il Mahatma Gandhi e come ha incarnato il cambiamento che voleva vedere nel mondo per convincersi del contrario. Una persona può fare la differenza: dobbiamo guardare al futuro pensando a quegli uomini, donne e movimenti che hanno agito in passato per cambiare il mondo in un mondo migliore.