Micromanagement

“Mi chiedeva di metterla in copia di tutte le email, anche quelle più banali. A volte bussava alla porta del mio ufficio per chiedermi se stavo bene perché avevo passato molto tempo in bagno, quando in realtà erano trascorsi appena cinque minuti. Controllava quando entravo e quando uscivo dal mio ufficio per vedere quanto tempo mi assentavo. La pressione che esercitava controllando ogni dettaglio del mio lavoro era asfissiante, più che esagerata e soprattutto controproducente.”

Questa è solo una testimonianza di un’impiegata che ha lavorato con un micro-manager. Qui, invece, trovi la mia testimonianza, descritta sulla base di circa otto anni di lavoro con due manager diversi, in due posti di lavoro diversi, ma con comportamenti simili.

Che cos’è il micromanagement esattamente? Si tratta di una pratica manageriale tramite la quale il manager esercita un controllo esaustivo delle azioni, dei compiti, delle funzioni e delle responsabilità delle persone all’interno dell’organizzazione a lui/lei subordinate a livello gerarchico.

È tipico anche che questo tipo di manager chieda di vedere un’email prima che venga inviata, come è anche tipico voler essere informato di tutte le decisioni che l’impiegato/a prende, perché il manager ritiene che la persona non possa prendere decisioni da sola.

Un micro-manager combina l’impazienza e la sfiducia con un controllo assoluto dei compiti assegnati ai suoi subordinati.

La situazione assomiglia agli schemi che servivano alla “Psicopolizia” per sorvegliare scrupolosamente ogni movimento dei personaggi del romanzo “1984” di George Orwell.

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Come succede nel libro, le conseguenze di questa pratica di controllo ferreo sugli impiegati sono devastanti. Il capo ci guadagna in tranquillità ma i collaboratori ne soffrono e oltretutto sono meno produttivi. Infatti, questo sistema crea dei colli di bottiglia che causano un rallentamento di tutte le attività. Questi tipi di manager vogliono guadagnarsi una buona reputazione ed evitare che un superiore possa dar loro la colpa che qualcosa sia stato fatto male.

La parte peggiore però ricade sugli impiegati. Molte volte non sanno come dare priorità alle cose che devono fare, perché il capo cambia continuamente le sue priorità sulla base dell’urgenza che arriva, o perché un superiore glielo chiede o perché è un’esigenza del mercato. Gli impiegati perdono in creatività e in autostima. Si stabilisce una “cultura della paura”, dove tutto è soggetto agli ordini del superiore. Questo può provocare assenteismo per malattia.

A parte vere e proprie malattie di tipo psicosomatico che possono insorgere, si sviluppano anche delle situazioni psicologiche per le quali la persona si sente senza valore, diventa sempre più piccola fino a dubitare delle sue capacità. Ci si comincia a chiedere: “Sono capace di farlo?”, “Mi sono sbagliata lavoro?”, “Perché mi controlla così, cosa ho fatto di male?”. E può anche succedere che si lascia il lavoro, anche se magari si ha un buon stipendio. Quando una situazione non si riesce a cambiare o accettare, si deve lasciare andare, abbandonare e, in questo caso, ci si potrebbe appunto licenziare.

È importante sapere che le persone non lasciano il lavoro che fanno, ma lasciano il loro capo.

Ma perché i manager cadono in questa trappola?

Se il micromanagement rovina l’ambiente di lavoro, la salute degli impiegati, e risulta dannosa persino ai capi che perdono in produttività fino ad arrivare alla perdita dei loro collaboratori, perché non si può evitare questo controllo totale e costante? I capi non hanno abbastanza lavoro di cui occuparsi?

Ci sono diverse cause possibili.

Primo, il capo stesso subisce delle pressioni dall’alto, siano esse dai propri capi, dagli azionisti, dal mercato o dalla concorrenza.

Secondo, l’incompetenza. Il manager si sente insicuro perché i suoi impiegati sono piú bravi di lui/lei oppure non sono adatti a quel tipo di lavoro.

La terza causa è chiara e diretta: la personalità ossessiva del capo che lo rende incapace di organizzare il suo lavoro di gestione.

Qualsiasi sia la causa, è necessario analizzare quanto sta succedendo per poter mettere fine a questa situazione il più presto possibile.

Normalmente ci si dovrebbe rivolgere alle risorse umane per esporre la situazione. Ma puó accadere che anche alle risorse umane ci siano dei micro-manager. Parlo per esperienza diretta, ho lavorato alle risorse umane per più di 10 anni e ho visto tanto micro-manager lavorare con me.

In alternativa, ci si potrebbe rivolgere al superiore gerarchico chiedendo di mettere in atto delle tecniche, magari con l’aiuto di un coach.

Una tecnica potrebbe essere quella del semaforo. Insieme al capo si definiscono i limiti di controllo ammissibili, cioè da non oltrepassare. Qualora questi limiti venissero superati si lanciano dei segnali alla persona al comando. Quando il superiore li riceve, identifica il suo comportamento e cerca di controllarlo.

Un’altra strategia è quella di definire il profilo del capo e di ogni membro del team, analizzandone le caratteristiche personali, professionali e comunicative. Una volta completata questa “radiografia” il capo deve rispondere a queste tre domande:

  1. Che stile di leadership utilizza con ogni impiegato;
  2. Quale stile di leadership necessiterebbe ogni impiegato;
  3. Quali modelli di leadership desidererebbe utilizzare in concreto con quell’impiegato.

Il capo potrebbe rendersi conto a questo punto che il tipo di leadership che sta utilizzando è in linea con il ruolo di quella persona, ma non è ciò di cui quel dipendente, per via della sua personalità, ha bisogno. Adottando questo cambio di paradigma, il capo inizia a pensare non dal suo punto di vista, ma da quello del suo collaboratore.

Sebbene queste strategie possano sembrare fantascienza, con il tempo e la volontà di cambiamento, il successo è assicurato.

Tu hai mai lavorato con un capo maniaco del controllo?

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Perché gli eventi della tua vita devono essere messi in prospettiva

In mezzo al caos e alle difficoltá della nostra vita quotidiana, è facile ritrovarsi invischiati in una rete di eventi e sfide impreviste. Dalle disavventure banali alle battute d’arresto più significative, ogni difficoltà può sembrare un’interruzione del ritmo della nostra esistenza.

Ma mentre ci prendiamo un momento per fermarci e riflettere sulla portata più ampia del nostro viaggio, una consapevolezza inizia ad emergere: forse queste interruzioni non sono così determinanti come sembrano inizialmente.

Rifletti su questo: come si inseriscono questi eventi e queste sfide nel vasto panorama della nostra esistenza? Hanno davvero lo stesso peso che assegniamo loro nella foga del momento? È una domanda su cui vale la pena riflettere. Il domani sarà dominato dalle stesse preoccupazioni che ci consumano oggi? E tra una settimana? O un anno?

La verità è che pochissimi eventi mantengono la stessa importanza nel tempo. Ciò che oggi sembra una catastrofe potrebbe svanire nell’insignificanza domani. Le nostre vite sono una serie di flussi e riflussi, con ogni sfida che ci modella in individui più forti e resilienti.

Nel grande schema delle cose, le nostre esperienze sono solo piccoli frammenti di un quadro molto più grande. Ci plasmano, ci insegnano, ma non ci definiscono. Le battute d’arresto che affrontiamo oggi saranno presto oscurate dai trionfi di domani.

Quindi, la prossima volta che la vita ti presenta una difficoltà, fai un passo indietro e mettila in prospettiva. Cerca di imparare la lezione che porta, ma non lasciare che metta in ombra la bellezza del quadro generale. Dopotutto, nella globalità delle nostre vite, pochissimi eventi valgono davvero la preoccupazione e lo stress che attribuiamo ad essi.

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Lo spirito indistruttibile: un viaggio attraverso la resilienza

Nella grande narrazione della vita, la resilienza è la protagonista, l’eroe non celebrato di cui tutti, ad un certo punto, abbiamo bisogno . Non è solo una parola. È soprattutto una qualità notevole che può trasformare l’ordinario in straordinario. Unisciti a me in un viaggio attraverso i tortuosi percorsi della resilienza, mentre esploriamo il suo significato e il suo profondo impatto sulle nostre vite.

L’anatomia della resilienza

La resilienza non significa’essere invincibili. Si tratta di essere flessibile come un ramo che sopporta i venti più forti senza rompersi. La resilienza non è qualcosa con cui siamo nati, bensí é un’abilità che sviluppiamo nel tempo, ed é plasmata dalle nostre esperienze e dalle sfide che la vita ci presenta.

Il potere delle avversità

Le avversità sono la culla in cui si forma la resilienza. Le nostre lotte, le battute d’arresto e i fallimenti servono come materie prime che ci modellano per diventare più forti. Ogni battuta d’arresto è un’opportunità per imparare, adattarsi e crescere. Alla fine, non è l’avversità in sé che ci forma, ma é la nostra risposta ad essa che ci definisce.

La mentalità della resilienza

La resilienza non riguarda solo la resistenza fisica, é anche un gioco mentale. Coltivare una mentalità volta alla resilienza implica abbracciare il cambiamento, mantenere una prospettiva positiva e credere nella propria capacità di superare gli ostacoli. Si tratta di trasformare le battute d’arresto in trampolini di lancio.

La rete di supporto

Nessuno è un’isola deserta e tutti abbiamo bisogno degli altri. La nostra rete di supporto – familiari, amici, colleghi – svolge un ruolo vitale nel nostro viaggio. Ci offrono guida, incoraggiamento e una rete di sicurezza quando inciampiamo nelle difficoltá. In tempi di crisi, cercare aiuto è un segno di forza, non di debolezza.

Resilienza in azione

Sono sicura che anche tu conosci persone che hanno superato malattie gravi o imprenditori che si sono ripresi da fallimenti aziendali. Le loro storie illustrano l’incredibile capacità umana di resilienza. Sono esempi che ci ricordano che le avversità non sono la fine. Spesso sono l’inizio di qualcosa di straordinario.

Resilienza e crescita personale

La resilienza non riguarda solo la sopravvivenza, riguarda anche il nostro benessere. Quando usiamo la nostra resilienza, sblocchiamo il nostro potenziale per la crescita personale e la scoperta di sé. Diventiamo più adattabili, compassionevoli e forti per affrontare le incertezze della vita.

Coltivare la resilienza

Per coltivare la resilienza, dobbiamo prenderci cura di noi stessi, sviluppare una certa capacità per risolvere i i problemi e mantenere una mentalità orientata alla crescita personale. In questo modo, puoi assicurarti di essere ben preparato per le sfide della vita.

Mentre concludiamo il viaggio attraverso il panorama della resilienza, ricorda che non si tratta di evitare le avversità , ma di affrontarle a testa alta con coraggio, tenacia e speranza. La resilienza non è solo un tratto ma é anche è uno stile di vita. Quindi, abbraccia le tue battute d’arresto, celebra i tuoi punti di forza e continua ad andare avanti. La tua storia di resilienza è ancora in corso e le sue pagine sono in attesa di essere riempite con i tuoi successi.

Qual è la tua storia sulla resilienza?

10 idee per passare le vacanze a casa

In questo periodo di restrizioni alla mobilità causate dalla pandemia, ci sembra così lontano il tempo in cui si poteva viaggiare liberamente.

L’anno scorso per Pasqua avevo programmato un viaggio a Berlino e non mi sarei aspettata di doverlo annullare. Anche quest’anno avrei voluto fare un viaggetto per le vacanze di Pasqua, ma il virus è ancora tra di noi e ci dicono che è meglio non muoversi.

Il Covid ha cambiato molti aspetti della nostra vita e andare in vacanza è uno di questi.

È ovvio che andare in vacanza é molto importante per la salute fisica e mentale. Dovresti pensare a prendere dei periodi di riposo anche senza poter viaggiare.

Quando si lavora aspettiamo il weekend con impazienza ma non è abbastanza lungo per poter ricaricare completamente le batterie. Per poter staccare dal lavoro abbiamo bisogno di più tempo.

Le vacanze sono un periodo di tempo del quale abbiamo bisogno, ne abbiamo bisogno come di dormire, mangiare, bere, insomma sono una necessità. Se vogliamo restare in buona salute dobbiamo prenderci delle ferie.

Aspettare che passi la pandemia per poi prendere un lungo periodo di vacanza, non è una buona idea. È meglio fare delle ferie più brevi ma più spesso.

Certo adesso non possiamo viaggiare, è fortemente sconsigliato, ma ciò non significa che un periodo di riposo a casa o vicino a casa, dipende da quello che puoi fare nel luogo dove abiti, ci possa fare bene. Le ferie ci consentono di recuperare e al rientro spesso ci sentiamo meglio, pieni di energia e persino più creativi.

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Non importa dove vai in vacanza. La cosa principale è che tu ti possa riposare e mettere da parte le preoccupazioni quotidiane. Scegli cosa fare, con chi e quando farlo. Non a tutti piace viaggiare. Ad alcuni piace avere il tempo per leggere di più, fare più attività fisica, passare del tempo all’aperto. Ad altri piace fare delle piccole escursioni, senza allontanarsi troppo da casa. Ad altri ancora, invece, piace fare viaggi lungi, mentre ci sono persone a cui piacciono solo viaggi brevi.

Con la crisi sanitaria, molti di noi hanno dovuto passare le vacanze a casa. Ci sono alcuni aspetti positivi: meno inquinamento ambientale, sicuramente hai speso meno soldi e ti sei risparmiato lo stress del viaggio.

Tuttavia, ci sono persone alle quali non piace stare a casa. Non sanno cosa fare, si annoiano, non hanno voglia di riordinare casa (ma per questo si potrebbe chiamare un’agenzia di pulizie), i tuoi figli (se ne hai) fanno confusione, insomma devi pensare a tante cose, come se stessi lavorando. Oppure semplicemente hanno voglia di cambiare aria e conoscere posti nuovi, o ritornare in posti che hanno amato.

Se, però, sei obbligato a restare a casa a causa delle restrizioni di viaggio, prendi dei giorni di ferie e cerca di approfittare comunque del tempo libero, perché così facendo starai meglio. E pensa che, prima o poi, questa pandemia finirà.

Se ti trovi nelle condizioni di dover restare a casa, prova a seguire questi consigli:

  1. Non leggere le email professionali;
  2. Riduci al minimo i compiti casalinghi;
  3. Stabilisci delle regole e dei tempi per stare al computer o alla televisione (sia per te che i tuoi figli, se ne hai);
  4. Cerca dei posti nuovi da scoprire nelle vicinanze della tua abitazione;
  5. Passa del tempo in mezzo alla natura perché la natura è fonte di energia;
  6. Fai una lista di quello che faresti in vacanza normalmente, eliminando le cose che non puoi fare a causa delle regole anti-Covid. Ad esempio, in Belgio, dove abito, puoi andare in bicicletta ma non al ristorante;
  7. Organizza con amici una maratona di film e discuti con loro per scoprire quelli che sono piaciuti di più;
  8. La stessa cosa la puoi fare con un libro: tu e i tuoi amici scegliete un libro da leggere poi vi ritrovate (on-line se non é possibile diversamente) per commentarlo;
  9. Perché non iscriverti a un corso on-line per imparare qualcosa di nuovo? Ci sono tante possibilità anche gratuite!
  10. Concediti dei piccoli vizi: compra della cioccolata (tra un po’ é Pasqua, quale momento migliore?), una buona bottiglia di vino, oppure fatti consegnare un pasto di tre portate.

Tu che tipo di vacanziere sei? Preferisci viaggiare lontano o restare vicino?

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Tre consigli per combattere la frustrazione

La pandemia ci ha messo davanti a un futuro incerto e ci ha lasciato emozioni negative.

Tutti abbiamo vissuto da bambini la delusione di quando chiedevamo qualcosa e questo ci veniva negato. Poteva anche accadere che ci mettessimo a piangere e questo faceva andare in bestia i nostri genitori, che etichettavano questo comportamento come un capriccio.

In effetti, la frustrazione é presente in tutte le tappe della vita e il nostro successo dipende un po’ anche da come gestiamo questa emozione tipicamente umana.

Un maestro Zen riassume la felicitá in una formula semplice: la felicitá é la realtá che viviamo meno quello che desideriamo o speriamo ottenere.

Quando ció che si desidera supera quello che si ha, allora ci si trova di fronte a quello che Carl Gustav Jung diceva: “La vita non vissuta é una malattia della quale si puó morire.”

Nella nostra societá dove la competizione e la soddisfazione instantanea prevalgono, la frustrazione ci accompagna necessariamente un po’ da tutte le parti, perché non appena abbiamo esaudito un desiderio, eccone un altro che arriva.

Questo periodo di pandemia ci ha fatto passare da un consumismo sfrenato a una cultura dell’annullamento (annullamento di vacanze, annullamento di cene con amici, annullamento di appuntamenti medici, ecc.).

Questo improvviso cambiamento ha influito sulla tua vita? Guarda se hai alcuni sintomi tra quelli elencati qui sotto per capire se sei una persona frustrata:

  1. malinconia spesso presente;
  2. maggiore irritabilitá, tensione e stress. Cose che prima non ti davano fastidio ora ti fanno saltare;
  3. pensieri negativi che tornano continuamente, rubandoti energia e, a volte, il sonno;
  4. aumento del consumo di alcolici e di medicine prese senza il consiglio medico;
  5. voglia di scappare.
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Se ti riconosci in una o due di queste caratteristiche, allora significa che la frustrazione si é impossessata di parte della tua vita.

Ecco alcuni consigli che ti aiuteranno a superare questo momento:

  1. coltiva la pazienza. Puó sembrare ovvio, ma é molto efficace. Da bambini come da adulti, la frustrazione compare quando non si ottiene ció che si vuole. Se i genitori non ti comprano il giocattolo che vuoi quando lo chiedi, ma ti dicono che te lo regaleranno per il compleanno, questo non ti consola. In tempi di crisi, se non sappiamo quando finirá la situazione che ci crea frustrazione (come adesso, che la diffusione del Covid ha ripreso in modo piuttosto importante) potremmo perdere le speranze. Contro questa visione, solo uno sguardo a lungo termine potrá aiutarti. Sebbene non sai fino a quando durerá la situazione, sapere che c’é luce alla fine del tunnel ti aiuta a vivere il presente.
  2. esamina quello che ci guadagni. Cosí come l’energia non si crea ne si distrugge, ma si trasforma, anche la perdita puó portare dei guadagni. Se non hai potuto fare quel viaggio che tanto desideravi, pensa che hai risparmiato dei soldi e appena potrai partire di nuovo, avrai una maggiore disponibilitá finanziaria. Se hai perso il posto di lavoro perché la ditta dove lavoravi ha chiuso, sarai costretto a valutare altre possibilitá, a rimetterti in gioco e magari potrai iniziare un’attivitá indipendente che mai avresti pensato prima e che finalmente ti mette in valore. Per combattere la frustrazione devi chiederti: cosa guadagno da questa perdita?
  3. pensa che tutto cambia. Niente di quello che abbiamo durerá sempre. Anche se potessimo esaudire tutti i nostri desideri, sarebbe sempre una soddisfazione temporanea. Se niente rimane cosí com’é ma tutto cambia, allora la frustrazione perde di significato.

Si attribuisce al pittore Eugéne Delacroix la massima: “Desiderare il meglio, evitare il peggio e prendere quel che viene”. Se segui questo motto, anziché attaccarti a delle aspettative, prenderai le cose cosí come succedono. Ti sentirai piú nel flusso degli eventi anche caotici che a volte ti propone la vita.

Ti senti frustrato in questo periodo a causa della pandemia che non é ancora terminate né sai quando terminerá?

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Vivere la giornata

In questi tempi difficili, condivido un brano tratto da “Furore” di John Steinbeck, che per me rappresenta un esempio di forza e di coraggio, oltre che di prospettiva. Steinbeck é noto per il realismo dei suoi romanzi e per le caratteristiche di humor che si aggiungono alle sue descrizioni. Racconta di un America perduta senza però perdere la speranza nell’umanità e in una rinascita.

“Mi sa che la nostra vita è bell’e finita.” “Macché finita,” disse Ma’ con un sorriso. “Non è finita per niente, Pa’. E c’è un’altra cosa che sanno le donne. Me ne sono accorta. Per l’uomo la vita è fatta a salti: se nasce tuo figlio e muore tuo padre, per l’uomo è un salto; se ti compri la terra e ti perdi la terra, per l’uomo è un salto. Per la donna invece è tutto come un fiume, che ogni tanto c’è un mulinello, ogni tanto c’è una secca, ma l’acqua continua a scorrere, va sempre dritta per la sua strada. Per la donna è così che è fatta la vita. La gente non muore mai fino in fondo. La gente continua come il fiume: magari cambia un po’, ma non finisce mai.” “Come fai a saperlo?” domandò Zio John. “Chi te lo dice che un giorno non si ferma tutto, che la gente non ce la fa più e si butta a terra per sempre?” Ma’ rimase qualche istante a pensare. Si sfregò il dorso lucido delle mani, poi infilò le dita della destra tra le dita della sinistra. “Non lo so,” disse. “A me mi pare solo che tutto quello che facciamo serve per continuare. Per me è così che vanno le cose. Pure la fame… pure la malattia: qualcuno muore, ma gli altri si fanno più tosti. Uno deve solo cercare di viversi la giornata, la giornata e basta.

Ti auguro una giornata luminosa.

La leggenda di senbazuru, i mille origami a forma di gru

Realizzare mille gru in origami porterebbe fortuna e prosperità. Oggi, questa antica tradizione giapponese si è diffusa in tutto il mondo ed è diventata un simbolo di speranza e di pace.

Secondo una tradizione giapponese, fare mille gru di carta porterebbe fortuna. Secondo la leggenda, la gru è un uccello che vive mille anni. Ogni gru di carta rappresenta perciò un anno della vita di questo uccello. Dopo aver realizzato mille gru d’origami, il tuo desiderio sarà realizzato.

Generalmente questa tradizione è volta a sostenere una buona causa o un matrimonio. Questa cerimonia è molto comune nella comunità giapponese degli Stati Uniti, che attribuisce significati diversi ai colori: il rosso è l’amore, il bianco la purezza, l’oro la ricchezza, il verde la salute, il giallo la creatività, il blu la lealtà e il viola la spiritualità.

Questa tradizione si è diffusa nel mondo grazie a Sadako Sasaki, che aveva solamente due anni quando la bomba atomica colpí Hiroshima. Malata di leucemia, Sadako si ispira alla leggenda delle mille gru e le vuole realizzare in origami. Comincia a formulare dei desideri di guarigione, poi, quando si rende conto che non vivrá a lungo, augura pace al mondo. Lei riuscì a realizzarne solo 644, ma la sua famiglia e i suoi amici finiranno l’opera e piegarono 1000 gru in suo onore. Per commemorare Sadako e le migliaia di bambini vittime di Hiroshima, il Monumento della Pace dei Bambini è stato costruito all’interno del Memorial della Pace di Hiroshima. Ogni anno, circa 10 milioni di gru di carta vengono inviati al Monumento della Pace da tutto il mondo, dando così senso al messaggio di pace di Sadako.

Prova a fare anche tu gli origami

La bellezza dell’origami risiede nel creare noi stessi un oggetto da donare a una persona a noi cara. Questo atto di creazione e di generosità permette di connetterci alle persone che contano per noi.

Che ne pensi, ci proverai?

Lentamente muore – poesia di Martha Medeiros

Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno
gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente
chi evita una passione,
chi preferisce il nero sul bianco
e i puntini sulle “i” piuttosto che
un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.

Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro
chi non rischia la certezza per l’incertezza
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli
sensati.

Lentamente muore
chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente
chi distrugge l’amor proprio
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna
o della pioggia incessante.

Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di
respirare.

Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento
di una splendida felicità.

Martha Medeiros

9 ragioni per praticare la mindfulness

Oggi si parla molto di mindfulness, ma sappiamo davvero che cosa è e a cosa serve?

Cominciamo da una piccola definizione. La mindfulness é un formazione della mente che serve a farti acquisire consapevolezza delle tue azioni e presenza in quello che fai. E’ un concetto che ha origini nel buddismo ma ha perso la componente religiosa e non si limita alla sola meditazione, che ne costituisce tuttavia una parte.

La vita di oggi é a volte difficile e impegnativa e spesso ci troviamo esausti, senza fiato. La nostra mente é costretta a dedicarsi a molti compiti allo stesso tempo, a scapito del nostro benessere fisico e mentale.

La pratica della mindfulness ci aiuta sicuramente a trovare un po’ di calma interiore e ad affrontare gli eventi della vita in un altro modo, sia nel contesto lavorativo che nell’ambito personale. Ci aiuta a trovare la nostra intimità umana e spirituale.

La pratica regolare della mindfulness contrasta sicuramente lo stress e l’ansia e ci aiuta a sviluppare utili capacità mentali come:

  1. Concentrazione
  2. Chiarezza e agilità mentale
  3. Collaborazione
  4. Creatività e innovazione
  5. Intelligenza emotiva
  6. Empatia e compassione
  7. Resilienza
  8. Felicità
  9. Benessere generale.

Prova un esercizio semplice. Mangia un frutto lentamente, cercando di assaporare appieno il suo gusto, di capirne la consistenza e scoprire le sensazioni che ti da. Se mangi cosí una volta la giorno, sei sulla buona strada verso un percorso di mindfulness!


Una lezione da un cavallo

Da qualche parte, nella campagna di un paese in questo mondo, c’era un ricco contadino che possedeva un cavallo eccellente e di grande valore. Un giorno un operaio gli disse che il suo adorato cavallo, un esemplare forte e davvero molto bello, era caduto in un pozzo abbandonato.

L’operaio che riportò la notizia al contadino era molto dispiaciuto, poiché sapeva che il pozzo era davvero profondo e stretto e infatti non vi fu alcuna possibilità di far uscire l’animale, nonostante tutti i tentativi effettuati dai vari lavoratori della tenuta.

Il contadino andò a vedere il pozzo, osservò bene la situazione e si rese conto che non c’era più nulla da fare, benché l’animale non fosse ferito.

Non pensava che valesse la pena salvarlo, poiché avrebbe sprecato tempo prezioso e speso più di quanto avrebbe speso per comprare un altro cavallo.

“Giacché si trova nel pozzo” disse l’agricoltore agli operai “gettategli addosso della terra e sotterratelo.”

Poi il contadino se ne andò preso dai proprio affari e gli operai si misero subito all’opera per eseguire i suoi ordini.

Alcuni uomini cominciarono a lanciare terra dentro al buco e sul cavallo. Ad ogni palata il cavallo scuoteva il corpo e la terra cadeva al suolo.

Gli uomini rimasero stupiti dell’intelligenza dell’animale: la terra stava iniziando a riempire il pozzo, mentre il cavallo ci camminava sopra per risalire!

Un paio d’ore più tardi l’animale aveva già la testa fuori dal pozzo, giusto un paio di altre palate, e saltò fuori dal pozzo tutto felice.

Benché talvolta sembri che alcune persone vogliano solamente lanciarci addosso della terra per farci crollare e desistere, ricorda che anche tu hai la stessa intelligenza e forza di volontà di andare avanti, proprio come il cavallo.

Quando una persona tenta di  infangarti, scuotiti, cammina sopra la terra ed esci fuori da quel pozzo immaginario.

Fermati, pensa al motivo per il quale questo sta succedendo e ricordati delle cose buone della tua vita. Liberati da coloro che vogliono lasciarti in fondo al pozzo. Ricordati del cavallo!