Condividere le piccole cose buone della vita

Penso che la pubblicazione degli stati emotivi sia positivi che negativi su Facebook o su altri social generi un effetto di contagio da parte dei followers che le vedono.

Io raramente pubblico cose negative, anche se a volte lo faccio per denunciare certe situazioni di degrado, come ad esempio la mancata raccolta dei rifiuti in città importanti. Preferisco pubblicare cose positive perché penso che i media presentino già troppe notizie negative, e sono convinta che nel mondo succedano anche e soprattutto cose positive e belle da condividere. Penso anche che se parlassimo di più delle cose belle che accadono, il mondo andrebbe un po’ meglio perché ci sarebbe più energia positiva che circola. Le cattive notizie attraggono l’attenzione del pubblico per via della loro morbosità ma non fanno altro che creare una spirale di negatività.

È vero che la nostra società è in crisi da molti anni ormai e che la politica non offre le soluzioni adeguati ai problemi che sono sempre più complessi. Ci sono troppi senzatetto, gli stipendi sono bassi e la vita costa cara. Ma nonostante questo sono sicura che la vita ci riserva dei momenti di gioia che non dovremmo nascondere, anzi dovremmo celebrare!

Io sono contenta della mia vita complessivamente. Certo, la realtà e l’ambiente che mi circonda non è ideale, a volte non va tutto come dovrebbe andare, vedo delle ingiustizie, ho le mie insofferenze e sofferenze, ma non per questo mi lascio avvolgere dalla spirale negativa. Se poi penso alla vita che conducevano i nostri nonni, bè allora non c’è che da rallegrarsi. Abbiamo acqua corrente, elettricità e riscaldamento nelle nostre case, cibo tutti i giorni. Nella piramide dei bisogni di Maslow abbiamo sicuramente superato i primi due livelli. Pensa se fossi una donna nata in Afghanistan e dovessi girare con il burka? O in un paese in guerra? O se fossi costretta/o a pagare una fortuna per curarti?

Quindi, non esitare a condividere i tuoi momenti di gioia, i tuoi successi, piccoli o grandi che siano perché questo si propagherà e creerà positività. Certo, non tutti i giorni sarà primavera, ma sono sicura che potrai sempre trovare una piccola cosa buona da condividere.

Questo non significa che non devi cercare di migliorarti, ma significa che la tua crescita sarebbe più facile se guardassi il bicchiere mezzo pieno anziché il bicchiere mezzo vuoto.

Allora, sei pronta/o per uno slancio di ottimismo? Fammelo sapere, se ti va!

Ikigai: la nostra ragione di vita

La ricerca del senso della vita riguarda tutti noi, perché è insita nell’essere umano. In Giappone c’è perfino una parola specifica per definire l’importanza di avere uno scopo nella vita: Ikigai. L‘Ikigai si riferisce alla motivazione individuale, quello che ci fa alzare dal letto tutte le mattina e che ci dà gioia di vivere.

Non c’è un’esatta traduzione in italiano di Ikigai. Si può definire come una forma di adattamento all’ambiente a prescindere dalla natura dell’ambiente stesso. Non è collegato necessariamente alla fama o alla fortuna materiale. È semplicemente la priorità, a volte inconscia, attorno alla quale ruota la nostra vita.

Per alcuni professionisti, artisti o artigiani, questo senso di dedizione è intrinseco alla loro vocazione. Ci sono poche cose che ci danno soddisfazione come fare un lavoro che corrisponda alla nostra vocazione, ma anche coloro che non trovano lo scopo della loro vita nel lavoro, hanno un Ikigai.

Ken Mogi, nel suo “Il piccolo libro dell’Ikigai” ci spiega che l’ikigai consta di cinque pilastri:

  1. cominciare in piccolo
  2. dimenticarsi di sé
  3. armonia e sostenibilità
  4. gioia per le piccole cose
  5. stare nel qui e ora

Un’idea base dell’Ikigai è essere nel flusso. Ti ricordi quando eri bambina, stavi giocando e la mamma ti chiamava a mangiare? Tu ci andavi controvoglia perché ti piaceva troppo giocare e per te era sempre troppo presto. Il tempo volava via da tanto che ti piaceva giocare.

Ecco essere nel flusso è un po’ questo. Significa essere in armonia con gli elementi intorno e dentro di noi e prestare attenzione a tutte le sfumature che ci vengono incontro.

Il segreto più grande dell’Ikigai è accettare sé stessi, con i tratti unici che abbiamo ricevuto quando siamo nati.

“Io mi amo e mi accetto così come sono” è un’affermazione positiva che mi ripeto da anni. Tu sei un individuo unico e irrepetibile che deve trovare la sua strada nella foresta della vita.

Prova a rispondere a queste domande:

Quali sono le piccole cose che ti fanno stare bene?

Quali sono le piccole cose che ti aiutano ad affrontare la tua giornata?

Fammi sapere!

Come acquisire una nuova abitudine

Le abitudini rappresentano una grande forza, forse la più grande in assoluto.

Di solito nella vita, un successo o un fallimento avvenuti una sola volta non fanno la differenza. Gli studi hanno dimostrato che tanti vincitori alla lotteria perdono i loro soldi e finiscono sul lastrico qualche anno dopo per via delle loro cattive abitudini.

Chi mangia una grande fetta di torta una volta ogni tanto non diventa grasso, ma mangiando ogni giorno biscotti contenenti tanto burro, potrebbe diventarlo. Quindi il successo è un’abitudine, non è un evento che accade una sola volta. La tartaruga vince sempre sebbene la lepre non faccia che vantarsi tutto il giorno.  

Hai presente la famosa favola di Esopo in cui una tartaruga batte una lepre durante una corsa, procedendo a passo lento e regolare mentre la lepre è troppo impegnata a festeggiare il fatto che si trova in testa dall’inizio?

Non è mai troppo tardi per adottare una nuova abitudine. Dato che le abitudini sono così potenti, inizierai a vedere da subito grandi risultati, una volta che avrai acquisito la tua, quella che ti porterà verso la realizzazione del tuo obiettivo.

Come fare per acquisire un’abitudine?

Per prima cosa determina che cosa potresti fare un po’ più spesso per arrivare alla realizzazione del tuo desiderio. Ovviamente questo dipende dal tuo desiderio. Si tratta di acquisire una capacità specifica? Una conoscenza? Mangiare sano? Insomma, prima devi stabilire l’obiettivo. Il passo importante successivo è rappresentato dal tempo e dal luogo. Ogni abitudine deve realizzarsi entro un certo tempo e in un determinato luogo.

Da uno studio scientifico condotto da Philippa Lally, risulta che per acquisire una nuova abitudine sono necessari 66 giorni. In realtà c’è chi ci mette meno tempo (18 giorni) e chi di più (8 mesi). Quindi, avere pazienza deve diventare il tuo mantra.

Però c’è una piccola tecnica che puoi imparare per rendere l’acquisizione della nuova abitudine più semplice.

Te la spiego meglio con un esempio pratico.

Mettiamo che tu voglia acquisire l’abitudine di andare in palestra regolarmente. Bene, all’inizio non è divertente. In pratica devi recarti in un posto e fare una gran fatica. Ma per rendere piacevole il percorso, devi farlo diventare un’abitudine.

Quindi il primo passaggio è stabilire il tempo e il luogo, ma non devi fare ancora niente!

Mi spiego meglio: scegli un orario per andare in palestra ma quando arrivi, non fare esercizi. Fatti un giro oppure fai qualche esercizio molto leggero e per poco tempo. Se la palestra ha una sauna, fatti una sauna e poi ritorna a casa.

In questo modo stabilisci il tempo e il luogo nella tua testa ma non compi ancora l’azione, che non è poi tanto divertente, o non lo é ancora.

So che può sembrare strano andare in giro per la palestra senza allenarsi. Potrai pensare che è una perdita di tempo ma non lo è. Si tratta del primo passo per costruire un’abitudine, quindi sii paziente (sii una tartaruga!)

Dopo qualche giorno, o magari un paio di settimane, il tempo e il luogo saranno ciò che il tuo inconscio assocerà alla palestra e non alla parte faticosa dell’esercizio fisico. Non pensare che questa fase sia una perdita di tempo; in realtà, è la parte più importante.

Allora, sei pronta per questa sfida?

Locus of Control

In psicologia si definisce il Locus of Control – LoC – (luogo di controllo), come la modalità con cui un individuo ritiene che gli eventi della sua vita siano prodotti da suoi comportamenti o azioni, oppure da cause esterne indipendenti dalla sua volontà.

Nel primo caso ci si riferisce ad un soggetto che è molto più indirizzato a considerare gli eventi che gli capitano come un effetto delle sue azioni e quindi una variabile sulla quale può intervenire nei limiti del possibile (LoC interno).

Un LoC esterno appartiene invece a quei soggetti che attribuiscono prevalentemente al proprio destino la causa di tutti gli eventi che gli capitano e quindi sono gli altri che controllano quanto gli accade (LoC esterno).

Il Locus of Control rappresenta perciò l’atteggiamento mentale con cui noi sentiamo di essere in grado di determinare le nostre azioni e i relativi risultati, contrapposto al controllo esercitato dal caso e dalle circostanze esterne.

Sei una persona con prevalenza di locus of control esterno?

Oppure sei piuttosto una persona con presenza maggiore di locus of control interno?

Scoprilo con questo test!

Se ti interessa saperne di più, scrivimi!

Come mantenere le risoluzioni per il 2019

Siamo ancora in gennaio e molti di noi hanno stabilito degli obiettivi da raggiungere nel 2019, le cosiddette risoluzioni.

Il nuovo anno porta con sé la voglia di cambiamento, di rinnovamento. Vorremmo passare più tempo in famiglia, fare quel viaggio che sogniamo da tanto tempo, cambiare lavoro, iscriversi in palestra, dimagrire, smettere di fumare…con l’obiettivo principale di sentirsi meglio con sé stessi e con gli altri.

Perché succede che strada facendo e man mano che passa il tempo ce ne dimentichiamo o li abbandoniamo?

Ecco alcune domande che puoi porti.

I tuoi obiettivi sono troppo ambiziosi, vaghi o semplicemente troppi? In questo caso ti stai mettendo troppo sotto pressione. Se hai deciso di smettere di fumare o di perdere 10 chili, devi chiederti perché fumi e perché hai sempre fame. Non sono questi dei modi per allievare le tante tensioni giornaliere?

Sei positiva rispetto al raggiungimento dei tuoi obiettivi? Se pensi che non ce la farai mai, è sicuro che non ce la farai mai. Henry Ford diceva: “Che tu creda di farcela o di non farcela avrai comunque ragione”.

Il tuo obiettivo è allettante? Hai deciso di dimagrire o di smettere di fumare. In sé sono degli obiettivi grandiosi. Trova un motivo per cui vuoi raggiungere questi obiettivi. Ad esempio, vuoi smettere di fumare per poter recuperare fiato più velocemente quando corri oppure vuoi dimagrire per tornare a metterti quei bellissimi pantaloni che ti piacciono tanto.

Le cattive abitudini sono difficili da perdere, soprattutto ci vuole del tempo. Come dicevo prima, se le hai prese, avrai avuto i tuoi buoni motivi (proteggerti dallo stress, per esempio). Non credere di cambiare abitudine in alcune settimane. Una volta si pensava che per cambiare un’abitudine bastassero 21 giorni. Ora, nuove ricerche neuro-scientifiche hanno stabilito che ce ne vogliono almeno 60! Quindi prenditi il tuo tempo, introduci la nuova abitudine con calma, non mettere fretta al tuo corpo, che è comodamente adagiato sulla vecchia abitudine e non ha nessuna voglia di sostituirla. Devi fargli capire, passo dopo passo, che un altro modo di funzionare è possibile anzi è persino salutare!

Inoltre, sappi che il cammino non sarà sempre lineare ma potrai incontrare degli ostacoli. Ricordati che ci saranno dei momenti più facili di altri e che perdere una battaglia non significa perdere la guerra. Anzi, accetta gli alti e i bassi: il corpo avrà modo di adattarsi lentamente.

Scegli un obiettivo che non sia un’imposizione, nel senso che deve rappresentare veramente una scelta, una cosa che vuoi fare, non che devi fare.

Controlla i tuoi pensieri, ricorda quello che diceva Henry Ford. Non concentrarti su quello che resta da fare, ma celebra quello che hai già fatto. Elenca le piccole vittorie e fatti i complimenti. Resta positiva!

Pensa alla forza che ha un seme per diventare un filo d’erba. Deve bucare la terra per vivere. Lavora lentamente sotto terra, fino a quando un giorno buca la terra e vede la luce! Per te è un po’ la stessa cosa. Lavora lentamente e un giorno vedrai il risultato, perché sei più forte di quello che credi.

E ora i quattro consigli:

  1. Programma un solo obiettivo alla volta, ma definiscilo bene, seguendo il modello SMART (specifico, misurabile, raggiungibile, rilevante e circoscritto nel tempo) che, anche se si riferisce ad un ambito aziendale, risulta ugualmente efficace.
  2. Adotta la politica dei piccoli passi dividendo il tuo obiettivo in tanti piccoli obiettivi.
  3. Celebra i successi: il primo chilo che hai perso, il primo giorno intero senza fumare. Metti dei post-it un po’ per tutta la casa con scritto quanto sei stata brava.
  4. Annuncia ai tuoi cari che hai questo obiettivo e chiedegli di aiutarti in questo percorso. Avere il loro sostegno ti aiuterà nel cammino verso la riuscita. Cerca dei gruppi su Facebook che hanno il tuo stesso obiettivo, partecipa a dei forum su Internet. Ricordati che non sei sola, ci sono altre migliaia di persone che hanno il tuo stesso obiettivo e scambiare delle idee con loro può esserti d’aiuto. Puoi creare tu stessa il tuo blog, che può diventare il tuo diario (ma un diario su carta va benissimo).

Ricorda: sei più forte di quanto credi!

Come realizzare le tue risoluzioni in 5 passi

A fine anno siamo tutti armati di buoni propositi da perseguire nel anno che verrà. Chi vuole iniziare una dieta, chi vuole iniziare ad andare in palestra regolarmente, chi vuole mettersi seriamente alla ricerca di un nuovo lavoro, chi vuole iscriversi a quel corso a cui sta pensando da tanto tempo.

Qualsiasi sia il tuo obiettivo, a un certo punto dell’anno potresti essertene dimenticata. Oppure sarai scoraggiata, perché ti sembra impossibile da raggiungere, o non trovi il tempo per iniziare o la perseveranza per continuare.

Ecco una piccola astuzia per realizzare i tuoi obiettivi.

Conosci il modello S.M.A.R.T? SMART é un acronimo inglese he identifica le cinque caratteristiche che deve avere un obiettivo e ti consente di capire se il tuo obiettivo é ben formulato. Vediamole.

La S sta per Specific, cioè specifico. Il tuo obiettivo deve essere preciso, non vago. Ad esempio “voglio perdere 6 chili” é un obiettivo preciso, mentre “voglio dimagrire” é un obiettivo vago.

La M sta per Measurable, cioè misurabile. Tornando all’esempio della dieta, puoi decidere di pesarti una volta al mese per vedere i progressi che hai fatto.

A sta per Achievable, cioè raggiungibile. Devi stabilire un obiettivo che sia realistico e non impossibile fa raggiungere. Continuiamo con l’esempio della dieta, potresti decidere che per te é realistico perdere 500 grammi al mese, obiettivo che puoi raggiungere senza troppi sforzi, con una dieta moderata e praticando un’attività sportiva regolare.

R sta per Relevant, cioè il raggiungimento di questo ti deve importare davvero. Chiediti: Voglio davvero dimagrire? Ne vale la pena? Adesso é il momento giusto? Se rispondi sì a queste domande, allora vuol dire che l’obiettivo é realizzabile.

Infine vediamo la T che sta per Time bound, cioè circoscritto nel tempo. Devi stabilire un arco temporale nel quale dovrai raggiungere questo obiettivo. Guarda quello che hai stabilito nei punti precedenti e cerca di essere coerente. Se hai deciso di perdere 500 grammi al mese, come nel nostro esempio, allora dovrai stabilire che per perdere 6 chili ti occorre un anno.

La cosa più importante che ogni piccola vittoria andrà celebrata e quindi tutti i mesi, quando ti pesi e vedi che hai perso davvero 500 grammi, regalati qualcosa, vai a vedere quel film che da tanto tempo vorresti vedere, oppure chiama una tua amica per uscire con lei.

Ricordati anche che tutti i viaggi cominciano con un piccolo passo. Fammi sapere come va, scrivimi!

Buon 2019!

Lo stress: una definizione

Lo stress é considerato il risultato dell’interazione tra la persona e il suo ambiente.

Può essere considerato come uno stato di inadeguatezza, di divergenza tra come la persona percepisce la situazione e come la persona pensa di poter affrontare  la situazione stessa. L’individuo può quindi provare un senso di incapacità e sentire che sta perdendo il controllo della situazione: questa é la reazione di stress.

La reazione di stress fa parte del nostro meccanismo di sopravvivenza che risale agli albori del genere umano, quando ci si doveva procacciare il cibo cacciando. Un classico esempio che viene fatto durante i corsi di formazione sulla gestione dello stress é: se ti trovi solo davanti a un leone, cosa fai? Ci sono tre possibilità: fight (combatti), flight (scappi via) o freeze (resti immobile). Queste reazioni ci consentono di reagire in fretta in una situazione di pericolo. E sono valide ancora oggi.

Tuttavia, il nostro cervello, e di conseguenza il nostro corpo, può reagire in questo modo anche a situazioni che non rappresentano una minaccia, come trovarsi bloccato nel traffico, difficoltà in famiglia o al lavoro.

A livello somatico la reazione allo stress si traduce in una serie di manifestazioni legate a dei cambiamenti ormonali e metabolici, come per esempio l’accelerazione del battito cardiaco, aumento della pressione arteriosa, produzione eccessiva di sudore.

A livello psicologico, lo stress si traduce in un’accentuazione dello stato vigilanza e dello stato emotivo (tensione, sensazione di malessere) che generano uno stato di agitazione o un’inibizione psico-motrice.

Se la reazione allo stress é breve, la persona riesce ad adattarsi. Se la reazione perdura nel tempo, diventa intensa o addirittura cronica, allora possono presentarsi dei problemi di salute.

Non aspettare: se ti senti stressato fai qualcosa ora prima che sia troppo tardi!

5 idee per sentirsi bene al lavoro (senza pretendere la perfezione)

Problema 1

Non mi sento riconosciuta per il mio valore – Chi non si è mai sentito così al lavoro? A chi non fa piacere ricevere un apprezzamento, del tipo “Lavoro ben fatto”? Però, onestamente, non ê un po’ rischioso basare la nostra motivazione sull’apprezzamento degli altri? Prova a fare questo esercizio: tutti i giorni prendi nota di una cosa positiva che hai fatto al lavoro. Una relazione scritta bene, una riunione gestita in modo efficace, una pausa caffè produttiva…poi celebra questo successo. Esci a cena con dei colleghi, o degli amici, o il tuo partner, ma se nessuno ha tempo, esci anche da sola o preparati una cenetta con i fiocchi. Il successo non è necessariamente avere una villa in Costa Smeralda o una Ferrari. Il successo si misura nelle piccole cose quotidiane e va celebrato sempre. Comprati dei fiori e portali al lavoro. Se ti chiedono perché, rispondi perché sei brava e simpatica. Poi, osserva il cambiamento…

Problema n. 2

La mia vita gira intorno al mio lavoro.

In francese si dice “Metro, boulot, dodo”, che significa “Metro, lavoro, nanna”. Non è entusiasmante, vero? Spesso, purtroppo, è così. Cosa fai per cambiare questo? Ti prendi mai del tempo da dedicare a te stessa? Non deve passare un giorno senza che tu abbia dedicato del tempo a te stessa. Leggere quell’articolo sulla tua rivista preferita o sul blog della tua amica (cioè il mio…), andare in palestra o a fare una passeggiata nel giardino vicino a casa, chiamare tua madre o quell’amica che da tanto tempo non senti…dovresti dedicare a te stessa almeno mezz’ora al giorno. Se ci pensi, non è molto…

Problema n. 3

Non imparo più niente di nuovo.

Se fai un lavoro da molto tempo, ad un certo punto è normale che tu ti senta come se non imparassi niente di nuovo. Ti annoi e non se soddisfatta, anche se riesci a lavorare molto bene, sapendo esattamente quello che devi fare. Ma non ti basta per motivarti, allora cosa puoi fare? Devi uscire dalla tua zona di confort, devi accettare nuove sfide. Parlane al tuo capo, magari lui (o lei0 ha delle idee.

Problema n. 4

Non mi promuoveranno mai (io sono tra questi…)

Dunque, in tutta la mia carriera non sono mai stata promossa. E lavoro da più di vent’anni! Perché? In alcuni casi sicuramente perché non ho passato molto tempo nello stesso posto di lavoro. Sì, lo ammetto, non sono quella persona che si attacca al suo datore di lavoro. Anzi, quasi sempre mi viene voglia di andarmene presto. Ho bisogno di aria nuova.

Ma perché? Probabilmente perché non ho ancora trovato la mia strada e quindi me ne vado perché devo rimettermi in cammino per trovarla.

Anche tu se ti senti “costretto” nel tuo posto di lavoro, chiediti quale sarebbe il tuo lavoro ideale, il lavoro dei tuoi sogni. Se non lo trovi nel posto dove stai lavorando, comincia a guardarti intorno. E fai un piano d’azione (se non sai fare un piano d’azione, ti posso aiutare a farlo).

Problema n. 5

Non ho il tempo di fare niente.

Ecco, questo è il problema più diffuso del nostro tempo. Abbiamo la sensazione, che a volte sconfina nella realtà, di non riuscire a gestire il nostro tempo. Tra famiglia, lavoro e tempo perso nel traffico, non ne resta molto per noi. Ma non è una scusa? Fai un’analisi della tua giornata, vedi le cose inutili che fai e comincia ad eliminarle. Poi, ci sono senz’altro delle cose che puoi rimandare, ad esempio, non è necessario passare l’aspirapolvere tutte le sere anche se hai due gatti in casa come me (che passo l’aspirapolvere al massimo due volte la settimana).

È una questione di scelta e di priorità, non si può fare tutto: ci sono delle cose che devi fare assolutamente, altre che puoi evitare e rimandarle (saper rimandare le cose è una scienza, anche se non esatta…).

Io, ad esempio, ho scelto di scrivere perché non esco quasi mai la sera, e siccome raramente c’è un film interessante alla televisione (non ho Netflix), ho deciso di creare un blog. E quando c’è un film che mi interessa, deliberatamente scelgo di non scrivere.

Conclusione

La scelta è la base del cambiamento, l’azione è la base del pensiero positivo. Prendi la vita nelle tue mani. Agisci ora, non aspettare, scrivimi!

Amati per come sei

Dopo aver terminato la formazione per diventare coach, ho cominciato a recitare un mantra che suona così: Io mi amo e mi accetto così come sono.

Tutte le volte che discuto con mio marito, soprattutto quando mi critica per certi miei comportamenti, ecco che gli recito questo mantra: Io mi amo e mi accetto così come sono. Ora lo sa già e me lo anticipa lui e va bene così perché significa che lo ha capito.

Cosa significa amarsi e accettarsi cosi come siamo?

Innanzitutto, significa avere una relazione sana con noi stessi, cioè costruirsi la genuina convinzione di essere abbastanza, di non essere inferiori a nessuno e non continuare a cercare di essere “validati” dagli altri.

Perché accettarsi è così importante? Ricerche hanno dimostrato che la non accettazione di sé stessi o una scarsa accettazione di sé stessi non solo può essere la causa di depressione e ansia, ma anche di disturbi alimentari che potrebbero sconfinare addirittura nell’obesità.

Anche se accettarci cosi come siamo ci farebbe stare meglio, non è facile, perché cerchiamo sempre l’approvazione degli altri. Questo è soprattutto frutto del condizionamento sociale, che ci spinge a cercare sempre la convalida da parte del gruppo, della comunità di cui ci sentiamo parte. Oggi poi, con l’utilizzo massiccio dei social media, l’abitudine di paragonarci agli altri, di cercare di avere il più elevato numero possibile di Mi piace, di sentirci parte di un qualcosa che va al di là della nostra identità, ci impedisce di raggiungere un benessere basato su chi siamo veramente e su quello che cerchiamo nella vita, il nostro scopo, il motivo per cui siamo su questo pianeta.

Pensiamo che il giudizio, l’approvazione degli altri contribuisca al nostro benessere, mentre in realtà non è così: chi sono questi “altri” dei quali ci fidiamo così tanto da poter permettere loro di valutarci? Li conosciamo davvero bene? Perché ci fidiamo del loro giudizio?

Ricorda: accettati per quello che sei, con tutti i tuoi pregi e tutti i tuoi difetti.

 

Burn-out e perfezionismo

Sei del genere che punta sempre più in alto, che non si accontenta mai del risultato raggiunto? Non è un difetto, anzi. Essere perfezionista, però, è un’arma a doppio taglio. Se sei troppo esigente con te stesso, potresti essere un candidato al burn-out.

Il perfezionismo è un po’ come lo stress: a piccole dosi fa bene, ma quando è troppo è troppo!

Il perfezionismo prende diverse forme e cambia a seconda delle persone. Generalmente il perfezionista è vittima dell’ambiente lavorativo, della pressione sociale o familiare. Ad esempio, le persone che vogliono sempre dimostrare di essere degli impiegati modello e che lavorano sempre di più, in termini quantitativi ma anche qualitativi, sono del genere perfezionista.

Questo comportamento può essere dannoso perché può trasformare la motivazione iniziale in esaurimento professionale. Una persona di questo tipo lavora in modo inflessibile e rigido verso sé stessa. Non riesce a staccarsi dal suo lavoro e non accetta di commettere errori.

Altri tipi di perfezionisti, si perdono nei dettagli, lavorano molto ma non in modo efficiente. Altri ancora si concentrano su dei compiti minori, perché hanno paura di affrontare grandi progetti e di non riuscire a gestirli e condurli fino alla fine. La paura del fallimento che provano, può impedirgli di andare avanti nel lavoro e di accettare nuovi incarichi.

A volte, si comportano così anche a casa, in ambito familiare. La casa deve essere sempre in condizioni impeccabili e quando rientrano dal lavoro non si concedono una pausa e si mettono subito a riordinare e pulire.

Nel lungo termine queste persone diventano fragili e vulnerabili. Possono andare incontro a un burn-out, disturbi alimentari o una depressione.

Nel caso di un burn-out, l’energia diminuisce progressivamente a causa di un sovraccarico costante. Se poi si aggiungono altri fattori come un lavoro poco gratificante o la mancata valorizzazione del proprio contributo, il rischio di burn-out aumenta.

Cosa può fare una persona in questa condizione? Innanzitutto, dovrebbe concentrarsi di più sul processo che sul risultato. Il risultato, infatti, dipende anche da circostanze esterne che non sempre si possono controllare. Inoltre, il perfezionista potrebbe cominciare a provare a concentrarsi sulle cose che gli piacciono e su quelle che gli procurano energia nuova, oltre che soddisfazione. Dovrebbe uscire con amici, passare più tempo in famiglia, dedicarsi ai propri hobby e alle proprie passioni.

Il perfezionista dovrebbe anche imparare che sbagliare è umano e che si impara dai propri errori.

Per inventare la lampadina, furono necessari 5000 tentativi!