Burn-out e perfezionismo

Sei del genere che punta sempre più in alto, che non si accontenta mai del risultato raggiunto? Non è un difetto, anzi. Essere perfezionista, però, è un’arma a doppio taglio. Se sei troppo esigente con te stesso, potresti essere un candidato al burn-out.

Il perfezionismo è un po’ come lo stress: a piccole dosi fa bene, ma quando è troppo è troppo!

Il perfezionismo prende diverse forme e cambia a seconda delle persone. Generalmente il perfezionista è vittima dell’ambiente lavorativo, della pressione sociale o familiare. Ad esempio, le persone che vogliono sempre dimostrare di essere degli impiegati modello e che lavorano sempre di più, in termini quantitativi ma anche qualitativi, sono del genere perfezionista.

Questo comportamento può essere dannoso perché può trasformare la motivazione iniziale in esaurimento professionale. Una persona di questo tipo lavora in modo inflessibile e rigido verso sé stessa. Non riesce a staccarsi dal suo lavoro e non accetta di commettere errori.

Altri tipi di perfezionisti, si perdono nei dettagli, lavorano molto ma non in modo efficiente. Altri ancora si concentrano su dei compiti minori, perché hanno paura di affrontare grandi progetti e di non riuscire a gestirli e condurli fino alla fine. La paura del fallimento che provano, può impedirgli di andare avanti nel lavoro e di accettare nuovi incarichi.

A volte, si comportano così anche a casa, in ambito familiare. La casa deve essere sempre in condizioni impeccabili e quando rientrano dal lavoro non si concedono una pausa e si mettono subito a riordinare e pulire.

Nel lungo termine queste persone diventano fragili e vulnerabili. Possono andare incontro a un burn-out, disturbi alimentari o una depressione.

Nel caso di un burn-out, l’energia diminuisce progressivamente a causa di un sovraccarico costante. Se poi si aggiungono altri fattori come un lavoro poco gratificante o la mancata valorizzazione del proprio contributo, il rischio di burn-out aumenta.

Cosa può fare una persona in questa condizione? Innanzitutto, dovrebbe concentrarsi di più sul processo che sul risultato. Il risultato, infatti, dipende anche da circostanze esterne che non sempre si possono controllare. Inoltre, il perfezionista potrebbe cominciare a provare a concentrarsi sulle cose che gli piacciono e su quelle che gli procurano energia nuova, oltre che soddisfazione. Dovrebbe uscire con amici, passare più tempo in famiglia, dedicarsi ai propri hobby e alle proprie passioni.

Il perfezionista dovrebbe anche imparare che sbagliare è umano e che si impara dai propri errori.

Per inventare la lampadina, furono necessari 5000 tentativi!

Idee per sopravvivere in un ambiente di lavoro ostile

Ho pubblicato un breve libro che racconta delle mie esperienze negative in ambito lavorativo e di cosa ho fatto per riprendere in mano le redini della mia vita.

Il libro inizia con la parte più importante: i ringraziamenti. Se già ci rendessimo conto di quanto sia fondamentale ringraziare quotidianamente per le cose positive che ci accadono, come, per esempio, vedere un meraviglioso tramonto, stupirsi per il continuo rinnovarsi della natura, l’autista dell’autobus che ti aspetta perché ti vede correre, l’amica che ti telefona per andare al cinema, i pagamenti della fatture, l’acquisto di un paio di scarpe nuove, insomma tutte le piccole cose che rendono grande la vita, avremmo già fatto un passo avanti verso il raggiungimento della serenità.

Nell’introduzione racconto il mio sogno. I sogni ci sono stati rubati. La nostra società ci insegna che sognare é un illusione, che comunque bisogna guardare in faccia alla realtà delle cose, che non sempre é piacevole. Ti ricordi i sogni che avevi da bambino? La fantasia non aveva limiti. Crescendo, il sistema scolastico e sociale ci ha reso cartesiani, cioè razionali e rigorosi sul piano logico. Il che va bene, ma non avremmo dovuto dimenticarci che noi non siamo solo mente e cervello. Siamo anche anima e spirito, oltre che corpo ovviamente. Coltivare un sogno significa coltivare la parte più spirituale di noi stessi, la parte che ci connette alla nostra intimità e che proviene dal nostro inconscio. In altre parole, il sogno rappresenta il nostro desiderio più profondo. Prova a fare l’esercizio dei 101 desideri proposto da Igor Sibaldi e ti renderai conto di quanto sia atrofizzata la nostra capacità di sognare.

Nel mio lavoro (mi occupo della gestione delle risorse umane) ho occasione di leggere testi di psicologia perché mi servono a capire meglio le dinamiche delle persone. Per il mio libro mi sono ispirata a diversi autori:
Viktor Frankl, Man’s Search for Meaning
Rhonda Byrne, The Secret
Deepak Chopra, diversi testi
Albert Ellis, la sua Rational Emotive Therapy
Chris Johnstone, Find your Power

Il racconto delle mie esperienze é sotto forma di diario, anzi sono proprio le pagine del diario che ho tenuto durante cinque anni circa per documentare il mobbing che stavo subendo. Devi sapere che dimostrare il mobbing dal punto di vista legale é molto difficile. Devi raccogliere testimonianze da colleghi (e solo quelli che non hanno paura di ritorsioni da parte dell’autore del mobbing saranno disponibili), email, ogni cosa che mostra che l’atteggiamento intenzionale nocivo nei tuoi confronti é ripetitivo e non occasionale.

Nel primo caso di mobbing che ho subito ero impreparata e mi sono rivolta ad un avvocato, con grosse implicazioni finanziarie. Poi, ho lasciato perdere perché avevo paura di non trovare più lavoro. La paura é una grande nemica.

La seconda volta ho documentato il caso con oltre 100 pagine tra email e scritti vari e l’ho presentato al mio direttore. Io me ne sono andata, ho cambiato lavoro un’altra volta, ma il direttore ha aperto un’indagine verso l’autore del mobbing che successivamente é stata licenziato.

Per concludere il libro, ti propongo delle tecniche e degli esercizi di facile comprensione e immediato utilizzo che mi hanno aiutato a superare questi momenti difficile della mia vita.

Ecco qui i link a due articoli pubblicati sul mio libro:

Mobbing sul lavoro: come fare e come difendersi

Sopravvivere allo stress di lavoro e evitare il burn-out: consigli e risorse

Il libro é in vendita sulle principali piattaforme digitali alla cifra simbolica di 0,99 cent.

Fai la differenza in un colloquio di lavoro

La maggior parte dei reclutatori usa domande comportamentali durante i colloqui di lavoro per verificare se le competenze e le abilità del candidato corrispondono al profilo ricercato.

La logica dietro questo tipo di domande è che come ti sei comportato nel passato in determinate situazioni probabilmente ti comporterai così anche in futuro al ripresentarsi di situazioni analoghe.

Tieniti pronto perciò a raccontare storie che illustrano la tua performance passata. Ci sono alcuni acronimi comuni che puoi usare per trasmettere un episodio che ti é successo al lavoro e che ti aiutano a ricordare la trama della tua storia. Il trucco nell’usare gli acronimi è che le iniziali guidano il tuo racconto durante il colloquio. Gli acronimi sono mappe mentali per mantenerti concentrato e in linea con la tua storia, ti aiutano a non perdere il filo del racconto e a non andare fuori pista.

I più comuni sono:

CAB: Challenge – Action – Behaviour (Difficoltà – Azione – Comportamento)
PAR: Problem – Action – Result (Problema – Azione – Risultato)
STAR: Situation/Task – Action – Result (Situazione/compito – Azione – Risultato)
SPARE: Situation/Problem – Action – Result – Enthusiasm (Situazione/problema – Azione – Risultato – Entusiasmo)
SBO: Situation – Behavior – Outcome (Situazione – Comportamento – Risultato)

Questi acronimi ti ricordano di includere tutte le parti importanti della tua storia in ordine cronologico. Considerali come un modello quando esponi la tua storia. Tutte le storie hanno un inizio, una parte intermedia e una fine. Ovviamente, tutte le parti sono essenziali per una storia che abbia senso.

  • L’inizio – perché lo hai fatto: le ragioni, il problema, l’incarico o la situazione.
  • La parte intermedia – come lo hai fatto: le azioni che hai svolto nelle tua storia.
  • Il finaleche risultato hai ottenuto: la fine della storia, dove potrai evidenziare gli aspetti positivi ma anche quelli negativi, e dire che cosa rifaresti e che cosa non rifaresti.

Tutte le volte che ti chiedono di parlare di un’esperienza di lavoro passata, come “Ci dica di quando ha dovuto affrontare…” oppure “Ci può fare un esempio…” pensa ad un acronimo come spunto per raccontare la tua storia.

La storia

Se durante un colloquio ti chiedono di raccontare di una volta in cui hai dovuto affrontare un cliente arrabbiato e vuoi dare una risposta brillante, devi citare un esempio specifico di una situazione nella quale te le sei cavata bene.

Usa un acronimo per ricordarti i dettagli della tua esperienza e comincia a raccontare i dettagli dall’inizio alla fine. Usiamo per esempio l’acronimo PAR:

Problem/Situation: “Un cliente mi ha chiamato arrabbiato per il suo conto e le spese aggiuntive. Urlava e mi insultava.”

Action: “L’ho lasciato parlare per farlo sfogare e quando ha cominciato a calmarsi, gli ho detto di aver capito il suo problema. Gli ho chiesto altre informazioni per essere sicuro di avere tutti i dettagli chiari.  Gli ho detto quindi che lo avrei richiamato dopo tre ore. Quindi, ho cercato nel suo profilo cliente e ho verificato le ragioni per le spese aggiuntive. Ho trovato alcuni errori e li ho presentati al mio capo con la raccomandazione di rettificare il problema. Il mio capo si è trovato d’accordo con le mie verifiche e quindi ho richiamato il cliente per fargli sapere che il problema era stato risolto.”

Result: “Il cliente ha dimostrato apprezzamento per il modo efficiente in cui avevo trattato il suo problema. Si è scusato per aver urlato e per avermi buttato addosso la sua frustrazione. Si è perfino offerto di inviare una mail al mio capo per il mio eccellente orientamento al cliente e per come avevo risolto il problema.”

Guarda come tutte le parti chiave del racconto sono descritte. Il punto di svolta del racconto è dimostrare come hai risolto con successo un problema e come hai gestito un cliente arrabbiato.

Usare gli acronimi per prepare le tue storie di successo farà una grande differenza nella tua performance durante il colloquio. Un acronimo ti aiuta a ricordare i dettagli della storia senza dover memorizzare un copione e quindi risultare innaturale nell’esposizione.

Usa un acronimo e farai un ottimo colloquio!

Imparare ad essere infelici

Lo so, normalmente si direbbe “imparare ad essere felici”. Tuttavia, dopo aver letto tanto sulla felicità, ho scoperto che si deve anche imparare a gestire l’infelicità.

E’ veramente necessario avere sempre successo per essere felici? Cosa significa davvero essere felici?

Alcuni ricercatori affermano che il significato della felicità risiede nel definire la propria qualità di vita e nel cercare continui modi per migliorarla. Altri ricercatori affermano che tutti noi abbiamo uno scopo sociale per il quale vivere, che è la nostra missione sulla terra. Se tieni un diario, per esempio, sei in grado di valutare le attività che ti rendono felice e paragonarle con quelle che invece ti rendono triste. In questo modo puoi scegliere. Puoi anche paragonare le tue attività con quelle degli altri per vedere quello che rende felice gli altri e trarne ispirazione. Questo non significa che devi paragonarti agli altri: tu sei unico e molto spesso non conosci nemmeno tanto bene quelle persone.

Inoltre, non c’è un’unica ricetta per essere felici. Non tutti sono felici se praticano la meditazione o lo sport, per esempio. Ci sono tuttavia fattori che influenzano la nostra felicità: ottime relazioni interpersonali, un lavoro importante, un buon equilibrio tra vita lavorativa e vita privata, un partner fantastico e buona salute. Si possono incontrare comunque persone che non sono felici nonostante abbiano un buon lavoro e vadano d’accordo con il proprio partner.

D’altro lato, ci sono anche ricercatori che dicono che non è importante mirare alla felicità in quanto tale, ma si dovrebbe imparare ad essere infelici, accettando che nella vita ci possano essere momenti di infelicità.

Alcuni scienziati vedono con occhio critico la tendenza attuale ad essere sempre positivi. Evitare situazioni di stress, dolore, tristezza non è una soluzione. Non si può ignorare di essere infelici, bisogna accettare questo stato per quello che è. Puoi anche condividere le tue sensazioni e le tue emozioni con gli altri, ti aiuterà a creare e rafforzare le tue relazioni. Quando sei preoccupato e sai che qualcuno può ascoltarti, potresti sentirti meglio dopo aver condiviso il tuo stress e disagio.

Uno degli obiettivi della vita, non è vivere insieme? In effetti, le persone che fingono di essere sempre felici finiscono per essere sole, isolate e ovviamente infelici. Questo suona come un paradosso ma se provi ad accettare la tua infelicità come un momento della vita che scomparirà prima o poi, sarai più contento.

La cosa più importante è essere felici della propria vita, riconoscendo e accettando gli alti e bassi che ne fanno parte: c’est la vie.

Ascoltare per capire

Ti piace la musica? Cosa fai quando ascolti la tua musica preferita?

Quando ero adolescente, imparavo a memoria le parole delle mie canzoni preferita. Ancora oggi provo a farlo. Riesco a imparare facilmente le parole se ascolto attentamente alla canzone e se la ascolto diverse volte.

La stessa cosa accade con le persone. Oggi la maggior parte di noi vuole parlare e non ascoltare. Oppure ascolta non per capire, ma per rispondere. Prima ancora che l’interlocutore abbia finito di parlare, abbiamo già in mente cosa vogliamo rispondere, e così si creano tanti malintesi e disaccordi. Ti e mai capitato?  A me capita spesso al lavoro. Chiedo una cosa a un collega a questa mi risponde ancora prima che abbia finito di parlare. Generalmente la risposta non è quella giusta.

Per potere capire correttamente, occorre saper ascoltare, non solo per una questione di rispetto verso l’altro ma anche per mostrare empatia verso l’altro, cioè per fargli capire che lo capiamo e condividiamo i suoi sentimenti e le sue sensazioni.

C’è una tecnica molto efficace in coaching e counselling, si chiama ascolto attivo. È una tecnica di comunicazione che consiste nel concentrarsi il 70% sull’ascolto, il 20% nel porre domande e il restante 10% è la tua opinione (ma ricordati che potrebbe essere anche non richiesta).

Per essere sicuro di quello che la persona vuole comunicarti, devi riformulare le frasi. Per esempio, una persona ti dice:

“oggi è stata una giornata dura al lavoro, il mio capo mi ha detto che il lavoro non era fatto bene”

Tu potresti dire: “al lavoro è stato difficile oggi perché il tuo capo non ha apprezzato il tuo lavoro?”

Poni sempre la riformulazione della domanda in tono interrogativo, in modo da non farla sembrare un’affermazione. Stai cercando di capire e hai bisogno di conferme.

Il linguaggio non verbale ti aiuta molto. Non sederti a braccia incrociate, è segno di chiusura, di impazienza e perfino di sfida.

Valuta anche la distanza con la persona e ricorda che questa ha delle implicazioni culturali. Ci sono culture in cui stare seduti troppo vicino non è apprezzato e, anzi, provoca fastidio. Normalmente, un metro va bene per tutti.

Poni domande aperte, cioè alle quali la risposta non possa essere sì o no, la persona deve potersi esprimere, deve potersi spiegare.

Domande come:

  1. Chi/cosa precisamente?
  2. Quando è accaduto?
  3. Perché credi che?
  4. Come è successo? Puoi descriverlo più precisamente?

Se ti interessa imparare ad ascoltare per capire, mandami un’email.

Come gestire un evento traumatico

Ho scritto questo articolo un anno dopo gli attacchi terroristici all’aeroporto di Bruxelles e alla stazione della metropolitana di Maelbeek.

Maelbeek era la mia stazione. Scendevo a Maelbeek tutte le mattine per andare al lavoro e anche quella mattina, 22 marzo 2016, ero là. Io di solito vado a lavorare presto, e quella mattina arrivai addirittura più presto. Avevo sognato un nido di serpenti, non riuscivo più a dormire.

Verso le 9 un uomo imbottito di esplosivo si è fatto saltare in aria dentro una carrozza della metropolitana. Sentivo persone urlare e piangere in strada, non capivo quello che stava succedendo. Più tardi ci hanno chiesto di chiuderci dentro l’edificio, nessuno poteva più uscire. È stato uno del giorno più difficili della mia vita.

In seguito sono andata due volte dallo psicologo. La Commissione europea aveva messo a disposizione di tutto il personale coinvolto negli attentati il loro servizio di supporto psicologico che è molto valido.

Ecco quello che ho imparato e che voglio condividere:

1. cerca di non guardare le notizie in televisione o su Internet. Se vuoi informarti, ascolta la radio;
2. parla e trascorri del tempo con i tuoi cari;
3. non cercare di lavorare di più per evitare di pensare a quello che è successo, piuttosto fai pause regolari, esercizio fisico e attività rilassanti;
4. cerca di ritrovare la tua routine normale, vai a lavorare, esci con amici, ecc. Se te la senti puoi fare attività di volontariato, ti aiuterà a superare la sensazione di essere inutile;
5. scrivi un diario, fai un elenco delle tue preoccupazioni e decidi cosa affrontare per primo. Ma fai un passo alla volta;
6. Evita di prendere grandi e importanti decisioni per la tua vita mentre sei angosciato o preda delle tue emozioni;
7. Ricorda che la tua reazione è normale perché sei stato esposto ad un’esperienza anormale. Sii gentile con te stesso. Se però entro un mese circa dall’evento non ti senti meglio, parla con un medico che ti consiglierà cosa fare.

La legge d’attrazione – Un viaggio personale

Ho letto Il Segreto di Rhonda Byrne in un periodo molto difficile della mia vita. Avevo perso il lavoro, stavo per lasciare la casa nella quale abitavo perché era stata messa in vendita e io non volevo comprarla. Un mio amico mi regalò questo libro. Non l’ho letto subito. L’ho messo nella libreria, fra gli altri libri che attendevano di essere letti.

Poi sono mi sono trasferita in un altro paese a me sconosciuto, l’Estonia. Avevo ricevuto un’offerta di lavoro per Tallinn. All’inizio tutto andava alla grande e la mia vita sembrava perfetta. Ma solo dopo un paio di mesi si rivelò un incubo. Il mio capo era una donna egocentrica, forse anche narcisista, comunque capace di manipolare le persone. Credo davvero che lei mi abbia molestato per tutto il tempo che ho lavorato con lei. Un’indagine condotta successivamente, confermò la mia idea.

Quindi cominciai a pensare a come uscire da questa situazione. Mandai molte domande di lavoro ma senza successo.

Decisi perciò di iscrivermi a corso per diventare coach. Per diventare coach, bisogna prima fare coaching su sé stessi.

Durante i miei studi e la formazione, mi sono imbattuta nella Legge d’attrazione. Allora mi sono ricordata di avere il libro Il Segreto, così ho cominciato a leggerlo e l’ho finito in un paio di giorni.

Ho capito immediatamente che Legge d’attrazione aveva funzionato su di me proprio secondo quello che avevo pensato! Infatti, avevo rimuginato da molto tempo su tutto quello che il mio capo avrebbe potuto dirmi per licenziarmi e quando mi convocò nel suo ufficio usò quasi le stesse parole che io avevo pensato! Troppo pensieri negativi avevano prodotto tanta negatività nella mia vita. Perciò, mi sono detta che se la Legge d’attrazione funzionava per le cose negative, avrebbe funzionato anche per le cose positive.

Ho cominciato immediatamente il mio percorso per trovare il vero scopo della mia vita, per realizzare il mio sogno. Sono ancora lontano dalla mia meta, ma passo dopo passo ci arriverò.

Devi sapere che la Legge d’attrazione non funziona come una bacchetta magica. Devi lavorare sulla tua mente, addestrarla al cambiamento, imparare a controllarla.  Per questo ci vuole tempo. I miracoli non succedono il giorno dopo, ma vedrai che quando meno te lo aspetti, il tuo desiderio si avvera.

Se vuoi trovare lo scopo della tua vita e stabilire un percorso per far funzionare la Legge d’attrazione anche su di te, mettiti in contatto con me cliccando qui.

Che cosa è la resilienza?

Che cosa è la resilienza? La resilienza è la capacità di recuperare rapidamente da difficoltà, resistere allo stress e sopravvivere a possibili catastrofi personali, familiari o ambientali. Le persone resilienti credono fermamente che i fallimenti possono essere delle opportunità per imparare, per sviluppare nuove abilità, idee o per decidere sulla carriera. Puoi leggere ulteriormente sul significato dell’essere resilienti qui.

Secondo gli psicologi, si può sviluppare la resilienza in molti modi. Prima, fai esercizio fisico regolarmente e dormi a sufficienza, in modo da poter controllare lo stress più facilmente. Più sei forte fisicamente ed emotivamente, più sarà facile superare le sfide quotidiane. Poi, concentrati sul pensare positivamente e cercai di imparare dalle esperienze passate. Costruisci relazioni forti con colleghi ed amici, in modo tale da poter contare su una rete di appoggio. Stabilisci obiettivi personali specifici e raggiungibili che corrispondano ai tuoi valori e che ti guideranno verso la loro realizzazione Lavora sulla costruzione della fiducia in te stesso.

Dai un’occhiata a queste storie di persone che hanno dimostrato resilienza superando i fallimenti e realizzando successi (video in inglese):

famous entrepreneur stories

23 Incredibly Successful People Who Failed At First

Vorresti imparare come rispondere alle sfide quotidiane della vita in modo più equilibrato e sostenibile?
Vorresti capire i tuoi sentimenti, le tue emozioni, le tue necessità e le tue limitazioni?
Vorresti cominciare a pensare positivamente e ad essere creativo?
Mettiti in contatto con me, ti aiuterò a diventare resiliente!

Learning To Be Unhappy

I know, usually you would say “learning to be happy”. But, after having read a lot about happiness, I found out that you also would need to learn how to manage your being unhappy.

Is it really necessary to be happy all the time to be successful in life? What is the real meaning of being happy?

Some reaserchers state that happiness means designing your own quality of life and also finding ways to strive for continuous improvement. They say that we all have a social purpose to live for, that is our mission. If you keep a journal, for instance, you would be able to evaluate the activities that make you happy and compare them with those that make you unhappy. In this way you may have a choice. You can also compare yourself with others’ activities to find out what makes them happy and get inspired. It doesn’t mean that you have to compare yourself with the others: you are unique, and  in some cases you don’t even know those people very well.

Moreover, there is not a single recipe to be happy. Not everyone will be happy by practising meditation or sports, for instance. There are, however, factors that will influence your happiness:  valuable relationships, a meaningful job,  work-life balance, a great partner and good health. In any case, you may find someone who is not happy in spite of the fact that they have a good job and they get along well with their partner.

However, there are also researchers saying that it not important to target happiness as such, but you would need to to learn how to be unhappy, that you would need to accept moments of unhappiness without judgement.

Some scientists see with a critical eye today’s trend on being always positive. Avoiding facing distress, sorrow, misery is not a solution. You can’t ignore being unhappy, you have to accept it for what it is. You can also share your negative feelings or emotions with others, it will help you creating and strengthening relationships. When you are worried and you know that someone will listen to you, you may feel a bit better after having shared your distress and discomfort.

Isn’t living together one of the objectives of life ? Actually, those pretending always being happy end up in being alone, isolated and of course unhappy. This sounds like a paradox but if you try to accept your unhappiness as a moment in your life that will fade away sooner or later, you will be more content.

The most important thing is to be happy with the life we live, acknowledging and accepting ups and downs that are part of our life: c’est la vie.

 

Make the Difference in Job Interviews

Most of recruiters use behavioural questions during job interview in order to get an idea if you have the skills and competences that match with the needed profile.

The rationale behind is that if they know how you performed in the past it will help them to get an idea of how you might do in the future.

Be ready to tell stories that illustrates your past performance. There are some common acronyms used in conveying a specific sequence of job-related that will help you to remember the scripts. The trick of using acronyms is that the first letters will help you to recall your story-telling during an interview. Acronyms are mind-maps to keep you focused and on track.

Here are the most common:

CAB: Challenge – Action – Behaviour
PAR: Problem – Action – Result
STAR: Situation/Task – Action – Result
SPARE: Situation/Problem – Action – Result – Enthusiasm
SBO: Situation – Behavior – Outcome

These acronyms remind you to include the important parts of your story — in a chronological sequence. Consider them a template when scripting your stories. Every story has a beginning, middle and end. Naturally, all parts are essential for a complete story.

  • The Beginning — Why you did it: The reason, problem, task or situation.
  • The Middle — How you did it: The action part of your story.
  • The End — What was the outcome or result: The end of the story.

Whenever you are asked for an illustration of your past work, such as, “Tell me about a time when…” or “Can you give me an example…,” think of it as your cue to tell a story, using an acronym.

The Story

If you are asked during the interview, “Tell me about a time when you had to handle an angry customer?”

To be effective, you need to cite a specific example of a past work success. Use an acronym to recall the details of your experience and move the story from beginning to end. Let’s use the acronym PAR:

Problem/Situation: “A customer called and was upset about his bill and the extra charges on his account. He was yelling and calling me names.”

Action: “The first thing I did was let him talk and get it all out. When he began to calm down, I let him know that I understood his problem. I asked for additional information to make sure I had all the facts. I told him I would call him back within three hours. I then researched his account and the reasons for the extra charges. I did find some errors and presented them to my boss with a recommendation for rectifying the problem. My boss agreed with my findings. I called the customer back and let him know that the problem had been resolved.”

Result: “The customer was impressed with my efficient handling of the situation. He apologized for yelling and for taking his frustration out on me. He even offered to send my boss an email regarding my excellent customer service and follow-through.”

Notice that all the key parts of the story are there. The point of this account is to demonstrate your successful experience in dealing with irate customers.

Using acronyms to prepare your success stories will make a big difference in your interview performance. An acronym helps you remember the details of the story without having to memorize a scripted version. Use your mental outline and follow the pattern.