Scherzi a parte, chi è contento di lavorare? Se vincessi 10 milioni di Euro, continueresti ad andare a lavorare? Io no. Non credo che smetterei di lavorare nel senso che starei a pancia all’aria, ma non farei più il lavoro che faccio adesso e mi dedicherei a una delle mie passioni, per esempio viaggiare. Farei anche volontariato, continuerei a scrivere questo blog e ad andare a Pilates.

Insomma, continuerei più o meno a vivere la vita che sto facendo senza fare lo stesso lavoro e senza sentirmi obbligata a guadagnare a sufficienza per mantenere me stessa e la mia famiglia. È questo in realtà il nocciolo della questione: nella stragrande maggioranza dei casi lavoriamo per mantenerci e non perché ci piace. Quindi parlare di felicità al lavoro è un’esagerazione, almeno in certi casi. Chiedi a un operaio sottopagato che lavora alla catena di montaggio, se è contento di andare a lavorare. Oppure a un insegnante vessato dai suoi alunni, se la sua professione lo soddisfa. O a un infermiere che fa turni stressanti di notte, se piuttosto non preferirebbe starsene a casa sua a dormire.

Il concetto di felicità al lavoro mi sembra un po’ forzato eppure tanti ne parlano, senza considerare che tantissimi lavoratori dipendenti non amano il lavoro che fanno ma non hanno altra scelta, soprattutto in congiunture economiche come quella attuale. Mi sembra un po’ una corsa verso una meta che non si riesce a raggiungere.

Guardiamo poi all’aumento dei casi di burn-out. In Europa, la Francia detiene il primato con il suo 10% di popolazione attiva affetta da burn-out. Negli altri paesi europei si sta meglio? In realtà la domanda chiave da porre sarebbe se c’è un buon equilibrio vita privata e vita lavorativa, cioè si sta meglio dove sono attuate politiche volte a bilanciare il lavoro con la vita. Il problema del lavoro è dunque lo spazio che occupa nella nostra vita. Attenzione, lo spazio non il tempo. Lo spazio non significa il tempo effettivamente passato sul luogo di lavoro, ma il tempo dedicato a pensare al lavoro, il famoso lavoro che si porta a casa e che disturba la nostra vita privata.

Cosa fare dunque per cambiare questo pensiero costante che rivolgiamo al lavoro? Prova a leggere una di queste tecniche:

5 consigli per cominciare la giornata senza ansia

5 ragioni per cui fare un’escursione fa bene

Come rilassarti in 10 passi: crea spazio dentro di te

5 idee per sentirsi bene al lavoro (senza pretendere la perfezione)

Prova anche a ringraziare per quello che hai senza pensare che questo significhi mancanza d’ambizioni. Significa semplicemente smettere di inseguire una chimera e cercare il tuo benessere in quello che hai. Il benessere, non la felicità, perché il benessere è uno stato che può diventare permanente, mentre la felicità un momento, o un insieme di momenti, passeggeri.

Perseguire il benessere significa cominciare un percorso fatto di piccoli passi che potrebbero portarci alla felicità, ma pazienza se non ci conducono a questa meta ambita. L’importante è stare bene.