Un cambiamento sostenibile: lavorare meno potrebbe salvare il pianeta?

Uno studio dell’Università del Massachusetts afferma che “lavorare meno fa bene all’ambiente”. Se passassimo il 10% in meno del nostro tempo al lavoro, la nostra impronta sulla terra sarebbe ridotta del 14,6%, soprattutto grazie alla diminuzione degli spostamenti e delle spese giornaliere.

Ci sono due correnti di pensiero contraddittorie su questa idea:

  1. quelli che pensano che gli stipendi possano rimanere invariati e che l’economia continuerebbe a crescere grazie ai miglioramenti tecnologici ed energetici nonostante le riduzione del tempo di lavoro; questa teoria ci spiega che l’inquinamento potrebbe ridursi grazie al cambiamento delle abitudini quotidiane, come ad esempio la preparazione dei propri pasti a casa anziché l’acquisto di cibo già preparato o preparato da altri;
  2. quelli che pensano che solamente riducendo gli stipendi si potrà raggiungere una significativa riduzione dell’impronta ecologica entro il 2050. Questa è la teoria della decrescita che poggia sul fatto che solamente con meno soldi a disposizione si può ridurre il consumo di beni materiali e quindi l’inquinamento e l’esaurimento delle risorse. Quindi, lavorando quattro giorni si riceverebbe un salario equivalente a quattro giorni.

Vorrei concentrarmi sulla decrescita perché sostengo questo approccio. Mi sembra evidente che continuando così l’umanità vada incontro a un esaurimento veloce delle risorse disponibili che causerà un declino improvviso e incontrollabile della popolazione e della capacità produttiva delle industrie. La teoria della decrescita è sicuramente radicale e ad alcuni pare eretica. Tuttavia, un rapporto dell’OCSE afferma che il consumo è aumentato del 50% negli ultimi 30 anni e che questo va di pari passo con un aumento della nostra impronta ambientale. La teoria della decrescita sostiene che si dovrebbe cominciare una progressiva diminuzione del consumo, cominciando proprio dalla riduzione del tempo di lavoro.

Serge Latouche, economista tra i padri fondatori della teoria della decrescita, spiega che: “Decrescita non significa indebolimento o sofferenza. Significa piuttosto trasformare il concetto di consumo in quello di uso: compro una cosa perché mi serve, se si rompe la faccio riparare (o la riparo da me) e alla fine della sua vita la riciclo. Significa anche spostare l’attenzione dalla quantità alla qualità. Il risultato sarà una società materialmente responsabile.

La decrescita è anche elogio della lentezza e della durata; rispetto del passato; consapevolezza che non c’è progresso senza conservazione; indifferenza alle mode e all’effimero; attingere al sapere della tradizione; non identificare il nuovo col meglio, il vecchio col sorpassato; non chiamare consumatori gli acquirenti, perché lo scopo dell’acquistare non è il consumo ma, come dicevo prima, l’uso.

Perché quindi lavorare meno e guadagnare meno? Se il consumo di attività di divertimento o di piacere aumentasse grazie ad una settimana di lavoro più corta, si avrebbe un aumento significativo dell’impronta ecologica. Ecco quindi perché la riduzione del tempo di lavoro deve essere accompagnata dalla riduzione dello stipendio. Avremo comunque più tempo per noi, da dedicare alla nostra crescita personale, che non significa solamente attività di divertimento o di piacere.

La scelta cruciale dei nostri tempi dunque è tra impegnarsi urgentemente ad intraprendere il cammino della sobrietà a tutti i livelli o andare a tutta velocità verso l’esaurimento delle risorse e il crollo globale del nostro sistema, cosa che nessuno auspica.

In questo tempi difficili, con la minaccia dell’aumento di piú di 1,5 gradi della temperatura del pianeta, potremmo seriamente cominciare a riflettere su un futuro diverso per l’umanità, impegnandoci in una seria riduzione dei nostri consumi, senza aspettare che altri prendano decisioni per il futuro quando i cambiamenti devono avvenire ora.

Cosa ne pensi? Saresti disposto a lavorare meno, guadagnando meno e consumando meno (ma usando di più), iniziando così un percorso verso una società diversa da come la conosciamo oggi?

La leggenda di senbazuru, i mille origami a forma di gru

Realizzare mille gru in origami porterebbe fortuna e prosperità. Oggi, questa antica tradizione giapponese si è diffusa in tutto il mondo ed è diventata un simbolo di speranza e di pace.

Secondo una tradizione giapponese, fare mille gru di carta porterebbe fortuna. Secondo la leggenda, la gru è un uccello che vive mille anni. Ogni gru di carta rappresenta perciò un anno della vita di questo uccello. Dopo aver realizzato mille gru d’origami, il tuo desiderio sarà realizzato.

Generalmente questa tradizione è volta a sostenere una buona causa o un matrimonio. Questa cerimonia è molto comune nella comunità giapponese degli Stati Uniti, che attribuisce significati diversi ai colori: il rosso è l’amore, il bianco la purezza, l’oro la ricchezza, il verde la salute, il giallo la creatività, il blu la lealtà e il viola la spiritualità.

Questa tradizione si è diffusa nel mondo grazie a Sadako Sasaki, che aveva solamente due anni quando la bomba atomica colpí Hiroshima. Malata di leucemia, Sadako si ispira alla leggenda delle mille gru e le vuole realizzare in origami. Comincia a formulare dei desideri di guarigione, poi, quando si rende conto che non vivrá a lungo, augura pace al mondo. Lei riuscì a realizzarne solo 644, ma la sua famiglia e i suoi amici finiranno l’opera e piegarono 1000 gru in suo onore. Per commemorare Sadako e le migliaia di bambini vittime di Hiroshima, il Monumento della Pace dei Bambini è stato costruito all’interno del Memorial della Pace di Hiroshima. Ogni anno, circa 10 milioni di gru di carta vengono inviati al Monumento della Pace da tutto il mondo, dando così senso al messaggio di pace di Sadako.

Prova a fare anche tu gli origami

La bellezza dell’origami risiede nel creare noi stessi un oggetto da donare a una persona a noi cara. Questo atto di creazione e di generosità permette di connetterci alle persone che contano per noi.

Che ne pensi, ci proverai?